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Il costo dei giochi, quattro chiacchiere con Mario Sacchi di Post Scriptum

Il costo dei giochi, quattro chiacchiere con Mario Sacchi di Post Scriptum

In questi giorni su Facebook si è scatenata una discussione sul costo dei giochi da tavolo, ma quali sono i passaggi che concorrono a formare il prezzo di un gioco? Ne parliamo con Mario Sacchi, di Post Scriptum.

Ciao Mario,
qualcuno sostiene che il prezzo di un gioco importato deve essere uguale a quello che troviamo in un altro paese, ad esempio la Germania. È proprio così?

Brick PartyCiao Francesco. Premetto subito che io non ho mai importato giochi dall’estero, né ho intenzione di farlo (ci sono già tante altre case editrici specializzate in questo tipo di lavoro). Quello che faccio io è anzi l’opposto: creo l’edizione originale del gioco e poi la esporto in vari Paesi.
Penso di poterti quindi dare la visione opposta (e complementare) a chi importa e traduce materiale: Fun Farm è uscito in otto diverse versioni, Brick Party per ora in quattro. Sarò sincero: non so a che prezzo vengano venduti nei rispettivi Paesi. Io ho dato a tutti lo stesso prezzo consigliato, ma poi ogni partner conosce il proprio mercato.
Di certo, quello che ti posso dire è che i vari clienti non pagano tutti lo stesso prezzo perché dipende dalle tirature che fanno: entrambi i giochi hanno contenuti comuni a tutte le edizioni, ma scatole e regolamenti personalizzati per nazione, quindi di fatto il fornitore mi fa pagare in modo diverso ogni singola stampa, a seconda di quante scatole la compongono.

Splendor sarebbe stato comunque così apprezzato con dei token di cartone invece dei gettoni di plastica? Hyperborea avrebbe potuto fare a meno delle miniature sciccosissime (che a me piacciono, per la cronaca) e averle tutte uguali? Abyss sarebbe costato meno con una scatola sola invece di 5 varianti? Insomma, grafica e materiali hanno un costo, chi decide cosa contiene un gioco?

L’editore 🙂

Una cosa che dico ogni volta che posso è che l’editore non ci mette solo i soldi. Potrebbero farlo tutti, se fosse così! L’editore deve prendere decisioni su ogni aspetto di un gioco, valutando costi e benefici di ognuna di esse. I giochi che citi sopra sarebbero sicuramente più poveri se avessero materiali diversi. Costerebbero meno al pubblico, ma sarebbero prodotti inferiori.

Un cartoncino più spesso, una scatola curata, un regolamento ben scritto, sono tutti fattori che influiscono nel giudizio che si ha di un gioco. Che decisioni si prendono per arrivare al prodotto finale?

Guarda… la prima valutazione che faccio io una volta che ho trovato in gioco interessante è “a quanto lo posso vendere?”
E la risposta la do in primo luogo io, per la mia esperienza di giocatore assiduo e soprattutto di editore presente da dieci anni sul mercato. Stimo il prezzo che secondo me quel gioco deve avere e valuto come realizzarlo con materiali che da una parte valgano quei soldi e dall’altra permettano a me di avere il giusto guadagno. Dopo aver fatto questo lavoro, sottopongo il progetto ai miei clienti, che di norma concordano con me. A volte dicono che secondo loro il gioco è troppo caro, quindi o si trova una nuova formula per farlo costare meno, oppure il progetto non va in porto. Alcuni giochi che mi piacevano si sono arenati perché improducibili a livello commerciale (però in quei casi è sempre stata una decisione mia, non li ho mai neanche sottoposti ai miei clienti).

CaligulaTi sei mai pentito di una decisione che hai preso in questo campo?

Un po’ sì, con Caligula. Chiariamoci: il gioco ha venduto, ha generato introiti e soprattutto mi ha aperto alcuni canali commerciali fondamentali, però penso che avremmo potuto fare di meglio. La nostra idea, sposata anche dai vari distributori, era quella di pubblicare un giocone a 20 euro e così abbiamo fatto. Non è andato male, visto che ha quasi esaurito tutta la tiratura, però non si può neanche dire che sia stato un clamoroso successo. In tutta sincerità, quando ci gioco mi piace sempre e lo trovo davvero spaccacervelli, ma penso che la scelta editoriale di fare un’edizione così economica l’abbia fatto passare inosservato. Probabilmente metterlo in commercio a 40 euro con plancia e segnalini in legno l’avrebbe paradossalmente fatto apprezzare di più. Chi può dirlo? 🙂

Il gioco da tavolo in Italia è fondato su Monopoly, Risiko e Trivial Pursuit, le cose inizieranno anche a cambiare, ma credo che la platea ridotta non possa non influire.

Sicuramente, però non fasciamoci neanche troppo la testa: da un lato ci sono tante associazioni e tanti giocatori e dall’altro tante case editrici che lavorano bene e tanti autori pubblicati anche dai grandi colossi esteri. Certo, sarebbe ridicolo paragonarci alla Germania, ma il movimento è indubbiamente in crescita.

La casa editrice e gli autori di un gioco diventano ricchi?

Speriamo 😉

Per esperienza personale, posso dirti che se tutti gli anni potessi fare un gioco da 60.000 copie come Fun Farm, non dico che io e il suo autore saremmo “ricchi”, ma di sicuro vivremmo in modo dignitoso. Immagino che chi riesce a vendere quantità molto superiori se la passi decisamente bene. Ma non è facile trovare titoli simili, eh: la maggior parte non vende neppure un decimo di quella cifra.

È vero che negli ultimi anni si è assistito a un aumento del prezzo finale dei giochi?

Sicuramente alcuni fornitori hanno alzato i prezzi e a questa Essen si vedono prezzi molto alti, ma non so darti una risposta generale. Posso dirti che i nostri giochi costano al massimo 35 euro in fiera. 😉

Grazie mille, a presto!

Ciao!

Francesco "The Doctor"

Fondatore di Geek.pizza è stato per anni amministratore di Italiansubs con il nick di zefram cochrane prima di partire per strani e nuovi mondi. Tecnico informatico e traduttore, ama i telefilm, i giochi da tavolo e la pizza.

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