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Ludologia, ovvero come difendersi dalle “giocopinioni” su Internet

Ludologia, ovvero come difendersi dalle “giocopinioni” su Internet

Internet è una miniera di informazioni che può trasformarsi in una palude, ecco il mio ragionamento su come districarsi tra le “giocopinioni”.

Ho proprio voglia di comprarmi un gioco nuovo, ma non vorrei dovermene pentire subito dopo perché magari si rivela una boiata. Che faccio? Chiedo su internet.

Quante volte ci siamo trovati in questa situazione, giungendo alla medesima conclusione? E per quanto riguarda le opinioni internet si rivela una vera miniera di informazioni, per la stragrande maggioranza personali.

Perché, a ben guardare, quello che ci viene risposto su Internet deriva da un misto di obbiettività, sentito dire, problemi di comunicazione e opinioni squisitamente ed orgogliosamente personali.

Detto così sembrerebbe che blog, siti e gruppi on-line abbiano scarsa utilità e siano solo un modo di gridare al mondo il proprio pensiero, il che nell’ultimo caso può anche essere vero, ma in realtà questa profusione di informazioni (personali) può essere un aiuto prezioso per valutare se un gioco soddisfa o meno le nostre “necessità”. Basta fare domande adeguatamente circostanziate e filtrare adeguatamente le informazioni ricavate dalle risposte.

Se chiedete “Come considerate questo gioco?” in modo generico, preparatevi a commenti di ogni tipo. Per la maggior parte inutili.

Quando leggo che un gioco “è brutto/fa cagare/è da evitare” capisco subito di trovarmi di fronte ad un opinabile parere personale, magari poi giustificato da affermazioni valide in determinate circostanze. Un gioco non è mai assolutamente “brutto”, semplicemente può non rispondere alle esigenze di un particolare giocatore o un particolare gruppo di giocatori, o può avere meccanismi  un po’ complicati e/o “vesti” non gradite a chi risponde.

Un esempio: tempo fa lessi un post su Facebook con la fatidica domanda: “Voi che gioco sconsigliereste assolutamente?” (domanda inutile, che ha avuto le giuste risposte inutili). Un tipo rispose: “Se non vuoi lanciare secchiate di dadi, evita di giocare a “Il segno degli antichi”. Ora, io al suddetto gioco ho effettivamente giocato e mi sono pure divertito, non considererei 8 dadi esattamente una “secchiata” di dadi (prova a giocare con una squadra di 8 Wardancers di Warhammer, poi vedi cos’è una secchiata di dadi). Il primo dato che deve farci storcere il naso è proprio la catastrofica indeterminatezza di certe risposte, non supportate da dati oggettivi.

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Ci sono poi le cosiddette “menti stanche” (da chissà quali esercizi mentali) per le quali un regolamento con più di 12 pagine (compresa la copertina) o un qualcosa in cui bisogna fare più di due semplici calcoli a mente, diventano giochi “macchinosi” e “ingiocabili”… e qui Arkham Horror diventa una nemesi per chiunque voglia passare una bella serata senza impazzire (e non solo ad opera dei Grandi Antichi). Anche lì, non è un gioco esente da difetti, e sicuramente è un ottimo esercizio per la mente, ma il gioco funziona, ha una bella atmosfera, un elevato grado di complessità e soprattutto per il sottoscritto… ha incantesimi che fanno qualcosa oltre ad aggiungere o togliere dadi! 🙂 (che sia positivo o negativo lo lascio decidere a voi).

Poi ci sono i “chiosisti”, quelli che basano la propria opinione sul tam tam di rete: la loro non è una vera e propria opinione, è più una estensione del concetto. Ne è un esempio la tiritera che circola in rete su Mice and Mystic, gioco con un visual sicuramente fiabesco, dove i protagonisti sono topini ma dove l’atmosfera è leggermente tetra, le illustrazioni non sono puerili e le regole sono semplici ma molto “tattiche”. La tiritera è data dal fatto che tutti lo considerano una favola per bambini, “fatto per la famiglia Ikea”, quella con genitori, due bimbi sorridenti e idolatranti i genitori, i quali raccontano ai pargoli la storia di Maginos, Tilda e compagnia, magari sul tavolo di betulla al centro della stanza dai vivaci colori… una roba da far accapponare la pelle e far scappare chiunque abbia più di 12 anni, non sia un serial killer e non abbia famiglia a seguito. Grazie a questa focalizzazione sul suddetto gioco, molti quarantenni come il sottoscritto e che, al contrario di me, si lasciano fuorviare, si perderanno un gioco che (come me) troverebbero piacevole, tattico e ben illustrato… ma la mia è una opinione personale.

Un notevole rischio è quello degli “abbocchi tematici”: giochi che sono commentati come “buoni” (a volte “spettacolari”) solo perché sono vestiti come capolavori dell’horror o della fantasy/fantascienza, o fanno parte di una linea di giochi famosa e a cui si è affezionati: un esempio lo abbiamo con Lovecraft, grazie al quale si può vendere di tutto, dal Risiko al Monopoly anche a chi non piacciono Risiko o Monopoly. Al contrario, sbagli la veste di un gioco e, per quanto interessante, la gente lo bolla al limite come “insignificante”. Ne è un esempio La ricerca della felicità, la cui localizzazione italiana proposta su Giochistarter è stata accolta tiepidamente dagli appassionati, pur avendo una meccanica piacevole e a tratti innovativa. Questo non vuol dire che tutti i giochi “tematici” siano specchietti per le allodole, ne esistono anche di ben strutturati, ma a volte l’entusiasmo colora d’oro anche il piombo.

Tutto il mio discorso per dire che chiedere un parere in modo generico su internet è una pessima idea e non è una scorciatoia per capire se un gioco può piacerci oppure no. Le risposte che ci vengono date possono essere fatte da chi un gioco non lo ha capito, non aveva il tempo di leggere la tal pagina, odia qualche meccanismo insito nel gioco o semplicemente non gli piace come è impostato o al contrario gli piace, a prescindere, per la tematica, perché gli piace fare un mare di calcoli, perché preferisce tirare 27 dadi in una volta invece che 3. Vai a sapere chi ti sta rispondendo.

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Bazzicare siti dedicati, fatti da gente che testa giochi e te ne fa una descrizione asettica lasciando i commenti personali in fondo, e magari dandoti dei pro e dei contro, è meglio che fare domande rapide e inutili su una rete o un gruppo in cui trovi chiunque; se lo si vuol fare, almeno si deve dare una linea da seguire: ad esempio punti fondamentali su cui chiedere lumi sono longevità (quante volte ci si può giocare senza dover ricorrere a espansioni per noia), atmosfera (che riguarda la grafica ma anche in parte le meccaniche), editing del manuale di gioco (come sono spiegate le regole, se ci sono esempi, ecc.), come si gestisce (le meccaniche sono complesse, ci vuole memoria, non ci vuole memoria… ci vuole una laurea in matematica), che tipo di gioco è (bluff, collaborativo, ricerca, ecc.), la qualità della componentistica (miniature ma anche cartonati, carte) e poi, alla fine “Voi vi ci siete divertiti”? .

Perché un gioco è un po’ come una bella torta: mi possono dire che la torta Sacher è eccezionale, buonissima, divina, ma se io odio le albicocche… 😀

Luca "il ludografico"

Il Ludografico (all'anagrafe Luca Canese) è un graphic designer e modellista, con una passione smodata per i giochi da tavolo, i libri, la storia antica, i boschi, gli orsi, gli unicorni, i giochi di Ryan Laukat, le opere di Paolo Chiari e i libri pop-up di Robert Sabuda. Scrive articoli bizzarri su vari aspetti del mondo dei GdT, realizza recensioni grafiche (le Ludografiche) dei giochi che ha provato, crea giochi sotto l'egida della LuxLu GD (con il suo collega Luigi Maini), lavora come grafico freelance per le aziende e agenzie, collabora con lo studio Labmasu come progettista di organizers per giochi da tavolo e, in passato, con la 4Grounds per la progettazione di navi di legno. E trova pure il tempo per giocare e badare alla sua casa. Consumato (e a volte scostumato) master e giocatore di GdR, passa da Eberron agli oscuri miti lovecraftiani con nonchalance, mentre la sua casa è invasa (oltre che da libri fantasy, di illustrazioni, di storia, Funko Pop e altre cose strane) da miniature dipinte e non dei più svariati giochi.

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Un pensiero su “Ludologia, ovvero come difendersi dalle “giocopinioni” su Internet

  1. Tra gusti personali, blogger interessati, sedicenti esperti prezzolati ed unboxing feticisti in Rete ti puoi fare un’idea (vaga) di cosa proprio non ti piace, ma il vero modo di capire se un titolo fa per te è PROVARLO (anche senza farci una partita completa)

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