Geek.pizza

Cowabunga!

Recensione: Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick

Recensione: Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick

Oggi vi parlo di “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”, il libro di Philip K. Dick al quale si ispira la storia del famosissimo Blade Runner.

Titolo del libro: Ma gli androidi sognano pecore elettriche?

Autore: Philip K. Dick

Trama: Nel 1992 la Guerra Mondiale ha ucciso milioni di persone, e condannato all’estinzione intere specie, costringendo l’umanità ad andare nello spazio. Chi è rimasto sogna di possedere un animale vivente, e le compagnie producono copie incredibilmente realistiche: gatti, cavalli, pecore. Anche l’uomo è stato duplicato. I replicanti sono simulacri perfetti e indistinguibili, e per questo motivo sono stati banditi dalla Terra. Ma a volte decidono di confondersi tra i loro simili biologici. A San Francisco vive un uomo che ha l’incarico di “ritirare” gli androidi che violano la legge, ma i dubbi intralciano a volte il suo crudele mestiere, spingendolo a chiedersi cosa sia davvero un essere umano.

Recensione: Dietro ad alcune delle migliori storie di fantascienza apparse sui nostri schermi, troviamo la penna di Philip K. Dick. Non solo il famosissimo Blade Runner, ma anche Atto di Forza (altro capolavoro), A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare e Minority Report. L’uscita di Blade Runner 2049 al cinema mi è sembrata l’occasione perfetta per leggere Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, il libro dal quale hanno preso ispirazione gli sceneggiatori del primo Blade Runner, uno dei principali film che ha portato sullo schermo l’ormai diffuso concetto di antitesi tra l’uomo e la macchina.  Devo dire che la lettura è stata intensa. Il lettore è costantemente immerso in senso di vuoto e di depressione che è costantemente presente in ogni capitolo del libro, sporadicamente interrotto da qualche guizzo di speranza. Ho sentito i personaggi come molto veri, sopratutto il protagonista, Rick Deckard il cacciatore di androidi. Un uomo che vive in un mondo grigio, spento. Un uomo che caccia gli androidi per lavoro, con la convinzione che si tratti di macchine prive di aspetti umani; convinzione che lentamente viene meno con l’avanzare della trama. Un uomo che non riesce più a trovare un briciolo di vita nel mondo, neppure in sua moglie. Rick che si invaghisce di Rachel, un’androide.

La domanda chiave del libro è: cosa ci rende umani? L’essere nati piuttosto che assemblati? La nostra voglia di vivere? In questo romanzo, gli androidi rischiano la loro breve vita con lo scopo di fuggire alla schiavitù per la quale l’essere umano li ha progettati, per essere finalmente liberi.

Chissà se gli androidi sognano, si chiese Rick. Pareva proprio di sì; ecco perché ogni tanto ammazzano i loro datori di lavoro e se ne scappano quaggiù. In cerca di una vita migliore, senza schiavitù.

Gli esseri umani, al contrario, si limitano a sopravvivere, quasi privi di empatia, la cui massima aspirazione è banalmente quella di possedere un giorno, un animale vero… così raro nel dopoguerra, così costoso.

Sai, il prestigio. Non potevamo mica andare avanti con la pecora elettrica: è una cosa che minava il mio morale.

Un personaggio che mi ha colpito particolarmente ed a cui è facile affezionarsi, è J.R. Isidore, un cosiddetto “cervello di gallina”, ossia una persona con un quoziente intellettivo molto basso. Ignorato e snobbato dagli esseri umani, trova l’amicizia e l’accettazione proprio nei replicanti. I momenti in cui è fiero di sè stesso, per aver avuto una buona idea o per essere riuscito ad aiutare qualcuno, proprio lui che per la società era niente, mi hanno ispirato simpatia e tenerezza.

Il finale del libro all’inizio mi ha lasciato po’ con l’amaro in bocca. Forse mi aspettavo qualcosa di più epico, più incisivo. Invece si ha quasi la sensazione che la trama resti inconclusa. In un secondo momento ripensandoci, l’ho trovato più che adeguato. In un mondo grigio, in cui nulla ha più significato, non c’era null’altro da aspettarsi che una ulteriore perdita di speranza.

In conclusione, ho davvero apprezzato la lettura di questo libro, anche grazie allo stile di Dick che è diretto, pulito, chiaro ed incisivo. Ne consiglio la lettura a tutti gli appassionati del genere, alla ricerca di un’atmosfera grigia come questa.

Trama via Amazon

Sara - Surami

Ultimi articoli

Un pensiero su “Recensione: Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *