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Fantasy o fantascienza… davvero non esiste un modo per distinguerli?

Fantasy o fantascienza… davvero non esiste un modo per distinguerli?
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È davvero così impossibile trovare un elemento, un aspetto, un “colore” che non sia ascrivibile all’una e all’altra contemporaneamente? Io direi di sì, ma non è facile “vederlo”…

C’è una domanda che aleggia fra i cultori del fantastico, intrigante come un giallo di Agatha Christie e senza una vera cura, come il raffreddore: cosa distingue veramente il fantasy dalla fantascienza? Esiste una regola non contestuale da applicare tout court quando ci troviamo di fronte ad un’opera letteraria e non sappiamo se piazzarla sugli scaffali dell’una o dell’altra letteratura?

Vediamo se ci sono elementi che potrebbero costituire “punti fermi” per darci una mano a individuare un fantasy fra le “fantascienze”.

La presenza di incantesimi e di maghi

parrebbe bastare questo elemento a dirimere definitivamente la questione. Il punto è: che cosa intendiamo veramente con “incantesimi”? Talvolta sotto questa parola si nascondono forze che in realtà hanno una spiegazione all’interno dell’opera stessa: ne è un esempio la Terra Morente di Jack Vance in cui il confine fra magia e tecnologia è rarefatto come l’aria delle montagne Aquila e in cui gli incantesimi sanno sempre più di effetti di una tecnologia dimenticata, di poteri biopsichici latenti e i maghi sono più sapienti e scienziati, o lo straordinario “Mistborn” di Brandon Sanderson, in cui i poteri straordinari dei protagonisti sono più paragonabili a un dominio psichico (in questo caso sui metalli)… no, il citare degli “incantesimi” e “maghi” non sempre è indice di un netto fantasy;

La presenza di mostri e draghi

A parte il fatto che i “mostri” sono tipici di film come “I mostri delle rocce atomiche” e “Ghidorah, il mostro a tre teste” (tanto per citarne due su un miliardo), capolavori cinematografici marcatamente fantascientifici, ci sono bestiari infiniti in ogni gioco di ruolo fantasy degno di questo nome, sia derivanti da mitologia, sia dal fatto di trovarsi in mondi “altri”, sia da oscuri esperimenti di un oscuro passato. Per i draghi, nonostante la loro iconografica sia legata a doppio filo con quella di cavalieri (anche di cristiana memoria) e blasoni, basta guardare l’OAV “I cieli di Escaflowne” per capire che draghi e mobile suite possono tranquillamente andare a braccetto in un fantascientifico manga.

Il fatto che ci siano regni, imperi, cavalieri e principesse

Ma c’é bisogno proprio di citare “Guerre Stellari” per capire che neanche questi elementi possono essere il faro verso cui navigare per ottenere una risposta. Basta guardare anche a fumetti come “Flash Gordon”, o a film mitici come “Le sette città di Atlantide” per capire che imperi, re e principesse sono stati ampiamente usati anche nella fantascienza di ieri e di oggi?

Il richiamo alla mitologia

Anche qui, se così fosse tutte le opere dei grandi dell’antichità dovrebbero essere considerate “fantasy”, cosa assolutamente assurda, non solo per il contesto socio-storico che le ha generate, ma anche perché in realtà quelle possono essere fonti da cui un fantasy può attingere: ci vogliono acqua e terra per far germogliare un seme, ma non le considero certo entrambe una parte della pianta. Può essere un buon punto a favore di “Percy Jackson e gli dèi dell’Olimpo”, di Rick Riordan, ma non altrettanto per la serie Battlestar Galactica, ad esempio.

L’assenza di robot o di tecnologia

Sì, è vero, nel fantasy propriamente detto non ci dovrebbe essere accenno a tecnologia… ma è proprio così? Se così fosse, Harry Potter dovrebbe essere considerato fantascienza, dato che è ambientato nel nostro tecnologico mondo, fra l’altro proprio sulla Terra, ai giorni nostri. E poi, parliamoci chiaro, anche ad Eberron, l’ambientazione al limite dello steampunk di Dungeon and Dragons 3.5, è presente molta tecnologia e non mi sognerei di definirlo un gioco poco fantasy!

La presenza di Elfi, fate e folletti

Vi piacerebbe eh?! E invece no! 🙂 Esistono anche gnomi, fate e folletti che si aggirano in panorami al limite del fantascientifico. Basta citare “HellBoy and the Golden Army” per capire che l’urban fantasy è vicinissimo al concetto di tecnologia e vita reale, oppure anche la serie franco-giapponese “Ulisse 31”, che nelle ultime puntate si trovava ad avere a che fare con i Lotofagi, sorta di folletti con tanto di ali che si nutrivano dei famigerati fiori allucinogeni. E poi non parliamo degli Elfi, gli Eldar (nome mutuato da Tolkien), che compaiono meravigliosamente belli e letali, con le loro orecchie a punta e le elfe longilinee e tettone, nel superfantascientifico wargame Warhammer 40.000 della Games Workshop.

L’ambientazione storicamente antecedente alla nostra

Anche qui, lascia il tempo che trova. Il filone steampunk è ambientato in un’epoca vittoriana, con meccanismi e tecnologia a base di vapore, e non me la sento di definirlo “fantasy”. Ultimamente stanno venendo fuori anche film e giochi ambientati durante la prima guerra mondiale che poco hanno a che vedere con il fantasy e si avvicinano più proprio allo steampunk: fra tutti ricordiamo il fantadocumentario “La Grande Guerra Marziana”, in cui con una magistrale regia e filmati opportunamente “ritoccati” si intervistano reduci, si portano testimonianze, si dispiegano bizzarre tecnologie come se durante la Prima Guerra Mondiale il nemico fosse stata una razza aliena, e il moderno e osannato gioco in scatola Scythe, che tratta di una Prima Guerra Mondiale a suon di bipodi a vapore e tecnologia bellica steampunk.

L’ambientazione in un altro mondo

Ma figuriamoci! Allora la vecchia serie di Star Trek sarebbe fantasy dall’inizio alla fine, con tutti i mondi “altri” che il capitano Kirk, il Signor Spock, il Dott. McCoin e “l’uniforme rossa di turno” (nota vittima sacrificale di ogni puntata) si sono trovati a visitare. Ce n’era uno anche ispirato all’antica Roma, con tanto di tempio e di nano!

Ma allora?

Siamo senza speranza? Non ci sono modi per definire cosa differenzia un fantasy da una fantascienza? Bisogna andare a naso, a sentimento, a seconda della situazione? È una questione di gusti, di modi di pensare, di trasporto del momento? C’è qualcosa che valga per tutti come discriminante?

A parer mio, sì!

In realtà un comune denominatore lo possiamo trovare se consideriamo la differenza fra ciò che è possibile e ciò che è alternativo riferito al mondo in cui viviamo e alla nostra storia.

Mentre in un racconto fantasy gli elementi si presentano come qualcosa di “altro” e parallelo rispetto alla nostra esperienza nel mondo reale, la fantascienza si occupa di qualcosa che viene percepito come umanamente tangibile, possibile, o semplicemente non ancora comprensibile o raggiunto.

Ecco che nel passato un fantasy concretizza ciò che abbiamo studiato come mitologia, mentre nella fantascienza gli dei apparirebbero una razza infinitamente superiore… ma pur sempre una razza! Il fantasy e la fantascienza segnano uno spartiacque fra quello di cui possiamo solo essere “testimoni” e quello di cui possiamo essere “partecipi”. In Harry Potter ad esempio il mondo magico è alternativa alla routine del mondo reale, viaggia in parallelo e i due convivono intersecandosi senza continuità reciproca; nel Signore degli Anelli la magia è un’energia che permea il mondo, lo sottende ma rimane quasi invisibile: l’uomo può evolvere ma l’energia lo accompagna, non muta se stessa, non evolve. In Guerre Stellari la “Forza” è generata dai Midichlorian, rilevabili con apparecchiature apposite: solo in apparenza è “magia” e solo per chi non la conosce.

In Scythe il gioco fantascientifico palesa una tecnologia che, seppur mai avuta durante la seconda guerra mondiale, non è alternativa, appare in fin dei conti plausibile, semplicemente anticipata di qualche anno (facciamo secolo!).

Quando ci poniamo di fronte ad un’opera (romanzo, film, gioco), dobbiamo capire a cosa dà più importanza: a qualcosa di “parallelo”, che non appartiene al nostro essere e alla nostra “linea evolutiva” o a qualcosa cui un giorno si potrebbe anche arrivare in un modo chiaramente comprensibile?

Nessuno potrà mai trasformarsi in un drago, ma non è detto che un giorno non vedremo un Kaiju, ne che potremmo costruire dei Jaeger per combatterli…

Luca "il ludografico"

Il Ludografico (all'anagrafe Luca Canese) è un graphic designer e modellista, con una passione smodata per i giochi da tavolo, i libri, la storia antica, i boschi, gli orsi, gli unicorni, i giochi di Ryan Laukat, le opere di Paolo Chiari e i libri pop-up di Robert Sabuda. Scrive articoli bizzarri su vari aspetti del mondo dei GdT, realizza recensioni grafiche (le Ludografiche) dei giochi che ha provato, crea giochi sotto l'egida della LuxLu GD (con il suo collega Luigi Maini), lavora come grafico freelance per le aziende e agenzie, collabora con lo studio Labmasu come progettista di organizers per giochi da tavolo e, in passato, con la 4Grounds per la progettazione di navi di legno. E trova pure il tempo per giocare e badare alla sua casa. Consumato (e a volte scostumato) master e giocatore di GdR, passa da Eberron agli oscuri miti lovecraftiani con nonchalance, mentre la sua casa è invasa (oltre che da libri fantasy, di illustrazioni, di storia, Funko Pop e altre cose strane) da miniature dipinte e non dei più svariati giochi.

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