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Geekhistory – Il contesto è per i re. Da Machiavelli a Star Trek

Geekhistory – Il contesto è per i re. Da Machiavelli a Star Trek

Oggi iniziamo una rubrica che accosta la storia vera a quella inventata di film, serie tv, giochi, libri e fumetti, benvenuti a Geekhistory, perché il fine giustifica i mezzi. O no?

Facciamo finta che siate un governante di qualche genere, o un comandante militare. Non è così importante di quale epoca, sebbene le sovrastrutture sociali, che si modificano di era in era potrebbero cambiare la percezione del problema che sto per sottoporvi. Ma semplifichiamo e non delineiamo il periodo storico. Può essere il passato, il presente o il futuro.

Governate un regno o uno stato tendenzialmente pacifico, dedito a scambi commerciali e culturali, che invia emissari ed esploratori in terre ignote, che vive e più o meno prospera, sotto la vostra guida. Ad un tratto tuttavia, questo idillio viene bruscamente interrotto. Un regno confinante, del quale fino ad allora sapevate poco o nulla, con il quale non avevate rapporti diplomatici e che era rimasto da sempre sulle sue, tranquillo ma praticamente sconosciuto, attacca una vostra spedizione esplorativa. Il bilancio è molto grave, e l’opinione pubblica chiede a gran voce che voi interveniate in qualche modo. Vi ritenete pacifico, e il vostro stato è fondato su un codice d’onore che raramente ammette atti di guerra; lasciarsi invischiare in un conflitto significherebbe mettere in discussione tutto ciò su cui si fonda il vostro potere, ma d’altro canto il nuovo nemico non sembra essere incline alla diplomazia, comprende solo l’uso della violenza, usandola come vero e proprio mezzo di comunicazione.

La domanda è: come vi comportate?

Questo piccolo preambolo mi è servito per introdurre una questione che, dopo aver visto la terza puntata di Star Trek Discovery ha destato il mio interesse e che penso sia adatta per inaugurare questa piccola rubrica nella quale proverò a presentarvi dei parallelismi tra la vera storia, quella con la S maiuscola, e il mondo tendenzialmente nerd, e come la prima ha influenzato il secondo, penetrando in modo capillare nella grande varietà di forme ed espressioni che esso ha, dalla letteratura, al cinema, ai giochi (di tutti i generi) e alla serialità televisiva.

Per cominciare partiamo da un presupposto: quasi sempre la storia supera la fantasia. Ma di molto.

Certo, non sto parlando di tecnologie avveniristiche proprie della fantascienza e che ancora non padroneggiamo, sto parlando degli eventi che interessano gli uomini, spesso così incredibili (e a volte allucinanti) da competere con le idee del più pazzo sceneggiatore di Hollywood. Inoltre, essendo la narrativa in generale uno specchio della cultura umana, fortemente permeata da ciò che i narratori vedono, provano e sentono dell’epoca nella quale vivono, non è strano trovare parecchi stilemi narrativi che si ripetono e che sono presi quasi di peso dagli eventi storici più’ significativi, quelli che in un mondo o nell’altro hanno lasciato il segno, non solo nella mente del narratore in questione, ma più’ in generale, nella storia umana vera e propria.

Ho aperto questo articolo con una citazione machiavelliana molto nota, ma che in realtà è incorretta. L’ho volutamente inserita perché essa ha dato tanti problemi alla memoria di Machiavelli e ai temi più importanti della sua filosofia, dipingendolo spesso in maniera molto negativa, come un cinico maestro di malvagità ed ipocrisia, tant’è che l’aggettivo “machiavellico” ha una accezione tutt’altro che gentile. La frase in se è molto più antica ed è difficile risalire alla sua origine. La citazione più’ nota di essa la si trova nelle Heroides di Ovidio («exitus acta probat») ma è probabile che fosse già nota, in epoca romana. L’errore risiede tuttavia non solo nella attribuzione della frase al noto storico e filosofo fiorentino ma anche nell’uso della parola “giustifica” che evoca sempre un criterio morale, mentre Machiavelli non vuole “giustificare” nulla, bensì valutare, in base ad un differente metro di giudizio, se i mezzi utilizzati sono adatti a conseguire l’unico fine politico degno di essere perseguito: il mantenimento dello Stato.

Ma che c’entra Machiavelli con Star Trek? Ora ci arriviamo. Dimenticando per un attimo la cattiva pubblicità che gli ha portato quella frase (forse dovuta all’assonanza che ha con un passo del diciottesimo capitolo del Principe :«…nelle azioni[…]massime de’ principi[…]si guarda al fine.» ) proviamo ad analizzare, in maniera molto superficiale, la filosofia machiavelliana vera e propria.

Egli, che vive una vita travagliata e piena nel bel mezzo del Rinascimento italiano, è senza dubbio uno dei maggiori teorici politici del suo tempo, se non il più grande. Nella sua visione antropocentrica, tipica dell’umanesimo, egli vede la politica come il campo d’azione più importante, nel quale un uomo può mettere a frutto la propria intraprendenza, l’ardimento e la capacità di costruire il proprio destino.

La sua opera più famosa però rimane senza dubbio proprio il Principe, dove egli delinea le qualità che un principe deve avere per governare saldamente il proprio stato, affrontando vari temi fondamentali: se sia meglio per un principe essere amato o temuto, che egli debba essere sia leone che volpe (secondo Plutarco, già nel quinto secolo si dibatteva sulla dignità delle vittorie ottenute dai lacedemoni, stirpe di Eracle, guidati dal loro generale, Lisandro, che era solito sfruttare il sotterfugio e più in generale la forza della mente e non quella della spada. Lisandro rispondeva alle critiche sostenendo che «dove non arriva la pelle del leone occorre cucire quella della volpe»).

Ma la questione più importante che affronta Machiavelli nel Principe è quella del superamento della logica di inferiorità che attanagliava le signorie italiane nei confronti dei più potenti stati stranieri. Egli compila un vademecum atto ad individuare un principe ideale che sia in grado di impugnare la causa italiana e condurla alla vittoria. Un principe che deve essere necessariamente spietato, che compia atti decisi, forti e che sia pronto a subirne le conseguenze, a portarne il peso, ad essere temuto e non amato. Un principe che si stacchi dalla legge universale (nella fattispecie quella spiccatamente tardomedievale) che è per semplici lacchè e ascenda ad un contesto più elevato, dove stanno i re.

Ed ecco dov’è la connessione con Star Trek Discovery: in una situazione estrema occorrono misure estreme. Misure che non sono necessariamente amorali, ma che rischiano di piegare e mettere sotto sforzo la nostra moralità. Ebbene questo è un rischio che va calcolato ed accettato, poiché il quadro generale è più importante della nostra legge morale. Se esso si infrange, diremo addio ad entrambi. E’ proprio ciò che il capitano Lorca spiega a Michael Burnham: servono persone che si prendano la responsabilità di agire, che mettano a rischio il sistema pur di salvarlo, che guardino al contesto e non alla legge, facile scudo per coloro che non hanno sufficiente coraggio, non solo per intervenire ma per subire le conseguenze delle proprie azioni.

Ciò potrebbe sembrare una anticamera della dittatura, ma in realtà questa è una semplificazione, poiché le dittature (sebbene il termine stesso, dictator, sia stato coniato appositamente dai romani per definire il capo politico militare che subentrava nei momenti di crisi) nella loro accezione moderna derivano spesso da situazioni di malcontento generalizzato nelle quali un’ideale onnicomprensivo e di facile lettura dona identità a coloro che in quel momento se ne sentono deprivati, avendo molto piu’ a che fare con la gestione del consenso (sulla quale comunque Machiavelli dice la sua) che la risposta a situazioni di crisi estrema

I puristi della saga potrebbero obiettare che tutto questo si discosta grandemente dalla visione di Roddemberry, utopistica, di una società illuminata, multietnica e multiculturale, fondata sulla pace e sulla collaborazione, votata all’esplorazione e alla conoscenza, e in un certo senso avrebbero ragione. Ma se c’è una cosa che ha sempre caratterizzato Star Trek e la rilettura in chiave fantascientifica del momento storico attuale, e non è difficile scorgere le assonanze che legano il conflitto che colpisce la Federazione alla situazione politica cogente, nella quale il terrorismo internazionale mette alle strette la società moderna, rischiando di paralizzarla drammaticamente sulla fatidica domanda: cosa è giusto fare, per delle istituzioni che difendono la pace, quando ad attaccarle è un nemico sfuggente, che non ascolta logica o ragione e che non può essere affrontato in modo convenzionale?

E questo, a mio avviso, è molto Trek.

Concludo citando una frase pronunciata da Winston Churchill in quella che passerà alla storia come «L’ora piu’ buia», quando la Gran Bretagna vacillava, sull’orlo dell’invasione. Credo che essa rappresenti bene non solo la filosofia del capitano Lorca, ma anche della stessa serie TV:

Non si ragiona con una tigre quando si ha la propria testa fra le sue fauci.

Matteo Di Legge

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