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White Night

White Night

Il buio di una notte spezzato da lame di luce, un protagonista duro e malinconico, un incidente d’auto… inizia il vostro viaggio in una strana casa per svelare il mistero che la avvolge, nascondendo una tragedia dai contorni foschi.

Se vi piace il noir, non potete perdere White Night.

Per chi, come me, ha vissuto il periodo d’oro delle avventure a metà anni ’90, risulta davvero difficile recensire White Night, soprattutto se costretto a restare in un numero congruo di parole da non risultare tedioso.

Partiamo da un presupposto semplicissimo, vi è piaciuto Alone in the Dark? Amate/odiate la terribile visuale a telecamere fisse, che contribuisce in modo determinante a fornire quel senso di impotenza? Avete esplorato ogni anfratto di Derceto, letto ogni libro? Bene, se come il sottoscritto amate anche il noir e vivete a pane e Chandler, giocate a White Night!

Frutto di in piccolo studio indipendente, gli Osome Studio, e pubblicato da Activision, White Night è un chiaro omaggio ad Alone in the Dark, da cui prende a piene mani meccaniche e atmosfera. Ma sarebbe ingiusto considerarlo un clone, anzi, ha una personalità tutta sua che, complici trenta anni di evoluzione videoludica, riesce a renderlo quasi superiore al suo illustre predecessore (quasi eh…).

Partiamo dalla genesi del gioco, che meglio aiuta a capirne lo stile, decisamente fuori canone per lo standard odierno. White Night nasce, dapprima, come remake del primo, indimenticabile, Alone in the Dark edito da Infogrames (se non sapete di che parlo, subito a cospargervi il capo di cenere e a reperirlo!!!), per poi discostarsene in corso d’opera, prendendo una strada che lo avrebbe portato a brillare di luce propria.

Ecco, proprio la luce è il perno su cui si basa la direzione artistica e lo stile grafico.

Entrambi sono da mascella a terra, con un sapiente uso del bianco e nero, e l’illuminazione attiva assolutamente necessaria per progredire nel gioco (no fiammiferi? Game over my friend). Sarete chiamati a guidare il nostro protagonista, una sorta di Humphrey Bogart, che al ritorno da una notte di bevute solitarie in un fumoso bar di città, a causa dell’improvvisa apparizione di una ragazza dinanzi alla sua auto e del conseguente incidente, è costretto a chiedere aiuto in quella che sembra un villa abitata e abbandonata nel contempo.

I controlli volutamente retrò, basati su un sistema a inquadrature fisse, sono inizialmente spiazzanti soprattutto per i giocatori moderni abituati a telecamere dinamiche, ma contribuiscono funzionalmente al senso di incertezza e di impotenza che si respira all’interno della villa, acuito da inspiegabili fenomeni paranormali ai quali andremo incontro.

Le musiche anni ’20 accompagnano l’incedere in maniera puntuale e mai fuori luogo, diventando anzi parte integrante per sottolineare alcuni aspetti della trama, sui quali sorvolo per evitare spoiler.

La trama appunto, si snoda fra enigmi ambientali mai frustranti, al fine di evitare tempi morti, e lettura di testi disseminati un po’ ovunque, necessari per comprendere appieno l’evoluzione degli eventi, in pieno stile avventure anni ’90. Gli argomenti trattati sono decisamente maturi, per cui sconsiglio fortemente il gioco a giocatori troppo giovani, che mal potrebbero digerire alcune fasi. Non parliamo di scene forti, anzi, uno dei meriti del gioco sta proprio nel non sfruttare i cosiddetti jump scares, divenuti un espediente fin troppo abusato, ma di inquietare il giocatore con una storia ben scritta, che si insinua in testa strisciando lentamente. Allo stesso modo, lo splatter e il gore non sono minimamente contemplati, a riprova che non serva eccedere nella spettacolarizzazione dozzinale del male per renderlo spaventoso.

I fondali sono disegnati magistralmente, mentre lo stesso non si può dire dei modelli poligonali dei personaggi, un po’ datati, ma comunque ben mascherati dalla bicromia bianco-nero.

In conclusione, White Night è una perla senza se e senza ma. Lo stile grafico, la trama, le atmosfere noir, persino il carattere Bogartiano del protagonista, lo rendono un acquisto obbligato sia per nostalgici ultratrentenni che per chiunque voglia calarsi in una storia dolce e tragica, che saprà trascinarvi con lei per una notte.

Massimo "Il Nerd Impenitente" Decataldo

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