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Giochiamo in due – Giochi da tavolo per coppie

Giochiamo in due – Giochi da tavolo per coppie

Se vi trovate spesso a giocare in due, che siate partner, amici, semplici giocatori incontrati per caso o amanti dei testa a testa, ecco qualche suggerimento per voi.

Complice la difficoltà di mantenere con costanza gruppi di gioco più o meno folti, sempre più spesso si sente la necessità di rimpolpare la propria Kallax con giochi da due giocatori, adatti a veloci momenti di evasione non pianificati con la propria dolce metà, ma non solo. Eccovi una rassegna di giochi da tavolo per coppie.

È sempre più frequente che i giocatori da tavolo si trovino a dover affrontare l’annoso problema di non poter gestire serate con gruppi numerosi, vuoi perché i ritmi lavorativi non lo consentono, vuoi perché le famiglie si allargano con pargoli non proprio propensi ad attendere le 3 ore necessarie a far intavolare Progetto Gaia ai genitori. I giocatori da tavolo, pertanto, fronteggiano la situazione “evolvendo” in casual gamer di coppia, e non rinunciando alla propria passione. I giochi da due giocatori rappresentano una realtà in continua evoluzione, e considerando l’imponente fetta di mercato di cui sopra, sarebbe impossibile fare una cernita di tutti i titoli validi in commercio, soprattutto in considerazione del fatto che i parametri di riferimento sulla qualità e validità di un titolo, al netto dello scontato game design, sono spesso soggettivi. Questa guida, pertanto, non ha la presunzione di essere né esaustiva né cristallizzata nel tempo, ma cerca di abbracciare un pubblico piuttosto ampio, variando fra giochi più o meno vintage e fresche scoperte, pesi leggeri e massimi, allo scopo di stimolare la curiosità di chi, volente o nolente, si trova a non poter gestire nutriti gruppi di gioco.

I giochi che andremo a trattare si basano su un solo parametro di base: sono da due giocatori o, pur nativi multigiocatore, ben si adattano al gioco da due.

Partiamo con una piccola timeline, per meglio orientarsi. Di seguito i titoli trattati:

Patchwork – Hive – Onitama – Azul – 7 Wonders Duel – Santorini – Kanagawa – Twilight Struggle – Labirinto Magico – Menzione Speciale a sorpresa

Patchwork

Uno dei giochi più celebri, e giustamente considerati più validi, è Patchwork, immancabile gioco per due giocatori di Uwe Rosenberg, autore che non ha certo bisogno di presentazione.

I giocatori saranno chiamati a cucire due coperte con piccoli pezzi di stoffa, ben rappresentati da tessere di cartone di varie forme e dai colori fantasiosi, pagandone il relativo costo in bottoni. All’inizio della partita, le tessere vengono poste in cerchio attorno al tabellone del percorso, che fornisce di volta in volta bottoni o bonus di vario tipo… un setup di meno di un minuto.

I materiali sono di buon livello, e il gioco si presta facilmente a essere implementato con materiali aggiuntivi di pregio (chi non vorrebbe sostituire i bottoni di cartone con dei bottoni di plastica?). Le tessere di cartone sono pesanti e robuste, la grafica della coperta della nonna molto gradevole.

Le regole sono di una semplicità disarmante. La profondità strategica, di contro è abbastanza alta in relazione al tipo di titolo, e pur essendoci una minima alea nel piazzamento iniziale delle tessere, di fatto la stessa è praticamente annullata dopo il primo turno, rendendo Patchwork un gradevole testa a testa dove a prevalere, in generale, è il giocatore migliore, non il più fortunato.

Non lasciatevi scoraggiare dall’aspetto di un Tetris evoluto, Patchwork è una piccola perla per due giocatori, capace con due regolette di mettervi alla prova senza mai risultare frustrante, e lasciandovi sempre la voglia di riprovare, magari per migliorare l’ultimo, disastroso, punteggio.

Hive

Hive è un gioco di forte matrice scacchistica, che vede due giocatori misurarsi su un piano di gioco, un alveare appunto (hive in inglese) che si costruisce con le pedine stesse al procedere della partita. Lo scopo, ovviamente, è quello di prevalere sull’avversario intrappolandone l’ape regina.

Sì perché, se non lo avete ancora capito, in Hive gestirete degli insetti.

Il gioco base (esistono varie espansioni che aggiungono ulteriori insetti) consta di due squadre, come negli scacchi una bianca e una nera, da 11 pedine ciascuna, suddivise in 5 differenti tipologie di insetti, ognuno con un movimento peculiare. Le regole sono minime, e di fatto si riducono a inserire in gioco un insetto o spostarlo se già presente sul tavolo secondo un movimento tipico dell’insetto stesso, ancora una volta a richiamare le differenti tipologie di pedine degli scacchi.

I materiali sono molto belli, e consistono in pedine robuste e pesanti, molto gradevoli da maneggiare, con impresso il simbolo stilizzato dell’insetto.

Lo avrete intuito, Hive è un restyling degli scacchi in salsa boardgame. Ciò non è un male, stiamo parlando della rivisitazione del gioco 1 vs 1 per eccellenza, e anzi furbescamente ne semplifica le dinamiche, riuscendo semplice anche a chi, a volte anche per partito preso purtroppo, mal digerisce gli scacchi. La tematica non mi avvince particolarmente, avrei probabilmente preferito un tema fantasy, o meglio ancora di combattimento spaziale (opinione assolutamente basata su gusti personali, chiaramente), ma è decisamente originale, e giustifica la forma delle pedine, poi necessaria per il tipo di gameplay.

La profondità strategica è notevole e l’alea è nulla, per cui il giocatore più “esperto” invariabilmente prevarrà: per apprezzare al meglio un gioco siffatto, è opportuno (anche se non essenziale) che si affrontino giocatori omogenei dal punto di vista dell’esperienza.

Hive è un gioco particolare: nonostante le meccaniche non siano molto innovative non mancherà di farvi dire <“Dai, facciamone un’altra!”>, per il gusto di provare a rimediare a quell’ultima, scellerata mossa, che vi è costata la regina… e da non trascurare anche la sua notevole portabilità (sta in un sacchetto, e esiste anche la versione pocket),

Onitama

Onitama è un gioco di Shimpei Sato, edito da Raven. In Onitama , guideremo il nostro Maestro di arti marziali e quattro suoi allievi in una sfida senza esclusione di colpi contro una scuola avversaria. L’aspetto del piano di gioco lascia presagire lo spirito scacchistico del gioco, probabilmente più di quando effettivamente sia vero. Se infatti è indubbio il richiamo all’illustre predecessore, è vero che le dinamiche di Onitama sono decisamente diverse, rendendolo di fatto un gioco card driven.

A inizio partita, i giocatori scelgono 5 carte, indicanti ciascuna una “mossa” di arti marziali, che altro non sono se non i possibili spostamenti effettuabili sulla plancia di gioco. Ne pongono 2 rispettivamente dinanzi a loro (le mosse di partenza) e la restante al lato della plancia. È proprio dal setup iniziale che si nota la particolarità di Onitama . Scelta ed effettuata la propria mossa, la carta utilizzata passa al lato del tabellone, e potrà essere utilizzata dal nostro avversario al turno successivo, in un continuo passarsi le carte che è alla base della strategia a breve-medio termine del gioco.

Le condizioni di vittoria sono 2:

  • mangiare il Maestro avversario;
  • raggiungere con il proprio Maestro la scuola avversaria.

La componentistica è di altissimo livello: il piano di gioco è funzionale e con una grafica orientale molto evocativa, le pedine sono grandi e sufficientemente dettagliate, le carte hanno una buona grammatura, ma si maneggiano spesso, per cui consiglio di imbustarle.

Onitama è un gioco scacchistico, ma meno di quanto si possa credere (meno di Hive tanto per fare un esempio). La meccanica dello scambio delle carte, il grande numero delle stesse e la possibilità di pianificare una strategia nel medio periodo, lo rendono leggero e fruibile da chiunque, risultando non solo un buon introduttivo, ma anche una sfida appagante per giocatori più smaliziati.

Azul

Gioco di Michael Kiesling edito in Italia da Ghenos Game, Azul è un ottimo astratto per 2 – 4 giocatori, che vi metterà nei panni di piastrellisti alle prese con le azulejos, le tipiche piastrelle iberiche. Ciò che colpisce in primis, ed è alla base del grande successo, è la semplicità del regolamento, spiegabile in due minuti scarsi, unito alla profondità del gameplay.

Ai giocatori viene richiesto di piastrellare un muro rispettando precise specifiche estetiche (mai due piastrelle uguali contigue, non più di una piastrella per tipo sulla stessa riga e colonna), pescando alternativamente dai negozi posti al centro del tavolo da gioco. I componenti sono veramente di ottimo livello: i pannelli in cartoncino sono spessi e robusti, ben stampati e con un layout molto pratico. Le piastrelle in plastica sono robuste, colorate, con i bordi smussati, una gioia da maneggiare, e sono contenute in un bel sacchetto in coordinato. Unico appunto si può fare al segnapunti, un cubetto di legno carino ma poco stabile sul tabellone, soprattutto in partite affollate.

La profondità strategica del gioco è notevole, soprattutto in una partita a due dove offre il suo meglio, mentre in più giocatori si percepisce una leggera difficoltà nel giocare sull’avversario, pur non risultando mai fastidiosa o invasiva.

È quindi un gioco giustamente incensato? La risposta è indubbiamente sì.

Azul è un gioco divertente, facilissimo da apprendere, con una componentistica di assoluto livello, adatto a casual gamer (ma attenti alla paralisi da analisi…) come a giocatori più smaliziati, e dalla durata contenuta (circa 20 minuti a giocatore).

Un must have nella libreria di ogni giocatore. Per approfondire, potete leggere il numero dello Spacciagiochi dedicato a questo gioco.

7 Wonders Duel

7 Wonders Duel è il fratellino del pluripremiato 7 Wonders, con cui condivide l’ambientazione, qualche meccanica e poco altro.

Se siete fra coloro che credono sia sufficiente far scalare 7 Wonders in due per ottenere 7 Wonders Duel, siete assolutamente in errore, credetemi. La meccanica di base prevede uno confronto fra due giocatori che, alla guida delle rispettive civiltà, si scontrano sul terreno di gioco dell’evoluzione per prevalere sull’altra.

Le condizioni di vittoria sono essenzialmente tre, e vanno dalla supremazia militare (invero la più improbabile da raggiungere), a quella scientifica, per finire con quella civile.

Il gioco, senza un vero e proprio tabellone ma con un sistema di carte disposte ad albero secondo uno schema ben preciso, si articola su tre epoche successive fra loro, e vede i giocatori alle prese con produzione risorse (carte di produzione apposite, pescate dallo schema ad albero centrale), commercio, creazione di strutture e di meraviglie, scoperte scientifiche. Il tutto è gestito da un regolamento semplicissimo, adatto ai neofiti ma che non scontenta i giocatori più smaliziati, alla ricerca di una sfida stimolante.

I materiali sono ottimi, le carte robuste (anche se, considerando l’uso intensivo, si consiglia di imbustarle), i token piacevoli al tatto, la grafica molto evocativa. A lungo andare, probabilmente viene meno l’ambientazione, e si tende a non considerare più una determinata carta come una struttura, ma semplicemente come un sistema per fornire una data risorsa in punti, avvicinando il gioco a una sorta di semi astratto.

Non è un caso se 7 Wonders Duel sia costantemente ai primi posti della classifica di BGG, persino prima del suo illustre fratello maggiore. È un gioco profondo ma per nulla complesso, sfidante ma mai frustrante, supportato da ottimi materiali e da una resa estetica di tutto rispetto.

Provatelo, non potrete farne a meno.

Santorini

Santorini è sicuramente uno dei giochi da due giocatori più conosciuti e apprezzati. Pur essendo un gioco da 2 – 4 giocatori, è indubbiamente in 2 che rende al massimo delle sue potenzialità.

Si tratta di un astratto dal vago sapore scacchistico, abilmente contestualizzato da una componentistica eccellente, soprattutto nella recente riedizione. I giocatori prendono ciascuno il controllo di una coppia di lavoratori su una plancia da gioco rialzata in plastica che rappresenta l’isola greca di Santorini. A ogni turno, si sceglie un lavoratore da muovere di una casella, per poi costruire, adiacente alla posizione raggiunta, uno dei 3 piani (4 se si considera la tipica cupola blu) di cui sono composte le abitazioni.

Lo scopo del gioco è di portare uno dei nostri lavoratori al terzo piano di un’abitazione.

Allo scopo di fornire imprevedibilità, e limare il rischio di effetto dejà vu, soprattutto se si gioca sempre con lo stesso antagonista, ci sono gli Dei. Ognuno ha un potere diverso, a cui i lavoratori si votano, e le combinazioni sono talmente tante da donare freschezza al gameplay anche sulla lunga distanza.

Santorini è un astratto che non può mancare nella libreria degli amanti dei GdT scacchistici, complice una componentistica eccellente che dona un colpo d’occhio stupendo, e una facilità di apprendimento eccezionale (le regole si spiegano in due minuti scarsi), unita a una profondità di tutto rispetto in partite tirate ma quasi sempre entro i 15 minuti. Perde di mordente in 3 o più giocatori, venendo meno la sensazione dello scontro diretto.

Kanagawa

Kanagawa cala i giocatori nei panni di pittori giapponesi, intenti a creare fantastici dipinti mettendo in pratica le conoscenze ottenute dal grande maestro Hokusai. Il gioco consiste, in sostanza, nel produrre un dipinto formato da una sequenza di carte pittoriche, pescate casualmente dal mazzo e disposte sulla stuoia (la scuola di pittura), per le quali si necessita di competenze apprese seguendo le lezioni del maestro.

Le carte, distinte in due precise zone di utilizzo, rappresentano in maniera semplice e intuitiva i due differenti usi che se ne possono fare: nella fattispecie come parte del dipinto o come competenza acquisita.

I materiali sono di ottimo livello: abbiamo componenti di legno (le boccette di colore con pennello annesso e i segnalini “primo giocatore” e “Maestro”), la magnifica stuoia (la Scuola di Pittura), deciso richiamo alla cultura orientale, e i diplomi di cartoncino di ottimo spessore. Le meccaniche sono tutto sommato semplici, ma le modalità con cui fare punti sono talmente tante che il giocatore alle prime armi potrebbe trovarsi spiazzato, favorendo inconsapevolmente il più esperto e smaliziato.

Tirando le somme, Kanagawa è un gioco indubbiamente ottimo, che coniuga componenti fantastici con meccaniche complesse ma non inutilmente complicate, e molto ben ambientato. Nasce come gioco prettamente da 4, ma scala molto bene in 2, divenendo un serio testa a testa e limando parzialmente quella sensazione di poco controllo che si percepisce in più giocatori. È forse non idoneo come introduttivo, data la mole di possibilità di punteggio a cui far fronte, ma è certamente ascrivibile alla categoria dei family.

Consigliato senza dubbio.

Twilight Struggle

Ok, la premessa iniziale parlava di giochi da fare in ritagli di tempo, senza la necessità di dedicarne troppo alla preparazione e alla gestione del gioco stesso. Ma, parlando di giochi da 2, Twilight Struggle proprio non me la sono sentita di tenerlo fuori.

Doverosa premessa: Twilight Struggle è un gioco per tutti, ma allo stesso tempo non lo è.

Mi spiego meglio…

Stiamo parlando del principe dei giochi simulativi 1 vs 1, un classico intramontabile sempre al vertice delle classifiche di BGG che non sente per nulla il peso del tempo… un gioco che per molti rasenta la perfezione. I giocatori impersoneranno ciascuno una delle due superpotenze che si sono fronteggiate durante la Guerra Fredda (per i puristi, il titolo stesso del gioco è una citazione di un famosissimo discorso di Kennedy), USA e URSS, al fine di imporre la propria influenza sullo scacchiere mondiale, attraverso carte che simulano eventi storici reali. Lo scontro, come accennato, avviene nel pieno rispetto della realtà storica.

Non vi aspettate guerre vere e proprie fra le due superpotenze (anzi, lo scoppio della guerra nucleare determina la sconfitta istantanea del giocatore responsabile), ma di eventi che si snodano attraverso un susseguirsi di colpi di stato, sotterfugi mirati a destabilizzare uno stato a proprio vantaggio, operazioni militari non direttamente contro l’avversario, fino alla corsa allo spazio.

A prima vista, la mole di possibilità risulta spiazzante. Il gioco in sé non ha regole complicate, e anzi il manuale è molto ben scritto e implementato da una community molto attiva, ma le possibilità che vengono offerte al giocatore sono talmente tante da creare, almeno alle prime esperienze, un effetto di spaesamento abbastanza accentuato, soprattutto considerando l’asimmetria delle superpotenze, che si avvantaggiano alternativamente al variare della fase di guerra. È qui che risiede forse l’unico difetto del gioco: la conoscenza delle carte evento, e la loro corretta concatenazione, è fondamentale per ragionare in termini strategici, togliendo un pizzico di realismo, e porta i giocatori più esperti a prevalere sui meno esperti senza ombra di dubbio non tanto per abilità, quanto per preparazione intrinseca. Per godere appieno del gioco, bisogna praticarlo molto, e questo cozza con la ratio di tutto l’articolo, ma tant’è…

La durata importante (fra giocatori omogenei, si parte generalmente dalle 4 ore a salire) potrebbe scoraggiare i neofiti e in generale chi ha poco tempo da dedicare al gioco.

Twilight Struggle è senza dubbio un capolavoro. La componente strategica è profonda e appagante, tanto da avvicinare il gioco a un simulatore. La curva di apprendimento è molto ripida, e pertanto necessita di applicazione per essere apprezzato al meglio. Se siete giocatori armati di tempo e pazienza, e di tanta perseveranza, non potete farvelo scappare.

Labirinto magico

Ebbene sì, stiamo parlando del Labirinto Magico, proprio quello, il gioco del 1986 (e tante, forse troppe, successive edizioni e varianti).

Partiamo con ordine, e senza preconcetti, e vediamo se è ancora un gioco valido, a distanza di oltre un trentennio. Ideato da Max J. Kobbert nel lontanissimo 1986, il Labirinto Magico è un gioco che, con giusto un paio di regole, è ancora oggi capace di intrattenere grandi e piccini. Siamo degli avventurieri (varia molto in base alle versioni) alla ricerca di tesori all’interno di un impenetrabile labirinto. Inutile dire che vince chi si aggiudica per primo tutti gli oggetti della sua lista, creata a caso con la distribuzione iniziale delle carte.

Il piano di gioco consta di un tabellone, rappresentante l’intelaiatura di un labirinto con 16 tessere fisse, fra le quali costruire un intrico di cunicoli con le restanti tessere . L’unica avanzata, inserita a turno dai giocatori, serve a muovere il labirinto, al fine di raggiungere oggetti sparsi e scartare la relativa carta in possesso del giocatore, per un totale di 24. Ai quattro vertici dal labirinto, prendono posto i giocatori (da 1 a 4), e il gioco può iniziare.

I componenti sono discretamente buoni, pur variando in funzione dell’edizione: le tessere labirinto sono ben spesse, la grafica delle carte obbiettivo semplice ma gradevole (ma considerando la scarsa grammatura, si consiglia di imbustarle), le pedine molto variabili (belle quelle “classiche” in legno, appena sufficienti quelle in plastica, oggettivamente scarse quelle in cartoncino). Le meccaniche sono semplicissime, davvero alla portata anche di giocatori molto giovani. L’alea è chiaramente presente nella distribuzione iniziale delle carte, ma non è troppo invasiva, soprattutto sui grandi numeri (quindi in partite con meno giocatori, dove aumenta il numero delle carte pro-capite).

In 4 giocatori il gioco è un po’ casuale per lo scarso controllo sul proprio percorso e i pochi obbiettivi (solo 6 ciascuno), mentre in 2 diventa molto più ragionato, potendo pianificare una strategia e “giocare” in marcatura sull’avversario.

Arriviamo al dunque: il Labirinto Magico è un gioco ancora valido? Come sovente accade, la risposta è: dipende.

A differenza di altri giochi “classici”, è sicuramente invecchiato abbastanza bene, e pur non essendo adatto a maniaci del controllo, è ancora piuttosto gradevole soprattutto se giocato in due, situazione in cui dimostra un’insospettata anima scacchistica. È comunque un gioco molto leggero, ma resta un gradevole filler e un ottimo gancio per coinvolgere giocatori non abituali, a dimostrazione che, se le meccaniche sono divertenti, non serva necessariamente stravolgere un gioco per continuare a renderlo valido.

Menzione speciale

Scacchi

 Gli Scacchi, osannati ma spesso bistrattati, tacciati di grande difficoltà e di essere adatti a pensatori computeristici, croce e delizia dei pensatori più competitivi. Eppure i giocatori da tavolo non devono dimenticare l’eredità degli scacchi.

Molti dei giochi moderni che tanto ci appassionano, non sono altro che delle versioni esteticamente lucidate e molto spesso semplificate del principe dei giochi 1 vs 1, tali da renderle adatte a un pubblico mainstream.

Fra una partita a Patchwork e una serata a Twilight Struggle, quindi, ritagliatevi del tempo per una partita a scacchi: ne gioverà la percezione che avrete dei giochi a venire, e vi divertirete senza dubbio.

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Massimo "Il Nerd Impenitente" Decataldo

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