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The Green Player presenta IT’S A WONDERFUL KINGDOM

The Green Player presenta IT’S A WONDERFUL KINGDOM

Una pesante eredità da gestire, in un gioco di carte per due giocatori contrapposti in una sfida psicologica dove è richiesta un’ottima dose di sangue freddo. Ecco a voi It’s a Wonderful Kingdom.

Valados e Teressie. Due ducati molto diversi tra loro, accumunati da un obiettivo comune: prosperare oltre ogni possibile limite, fino al raggiungimento della conquista del regno.

it s a wonderful kingdom the green player

It’s a Wonderful Kingdom

Raccogliendo l’eredità del successo commerciale di It’s a Wonderful World (di cui trovate una mia recensione QUI), è arrivato da qualche giorno It’s a Wonderful Kingdom, gioco da tavolo che raccoglie una base delle meccaniche del predecessore, focalizzandosi su partite a due giocatori, della durata approssimativa di 45 minuti.

Il fardello dell’eredità

Quando annunciano un gioco da tavolo “sequel di” avverto sempre un certo contrasto interiore. La prima reazione è di slanciato entusiasmo: i ricordi felici e la comfort zone creano un immediato senso di euforia iniziale, per poi lasciare spazio al dubbio. Le domande sono tipicamente le seguenti:

“Sarà almeno all’altezza del nome che porta?

E se fosse migliore, cosa farne del precedente?

E se fossero troppo simili?”

Se anche a voi accade questo siete nel posto giusto, perché cercherò di fugare ogni vostro dubbio.

Meccaniche di gioco

It’s a Wonderful Kingdom è un engine building card-based: alla base del gioco troverete le carte sviluppo contrassegnate da un costo di costruzione, delle ricompense per il completamento, un bonus una tantum per il “riciclo” (scarto immediato della carta) ed un eventuale modificatore della produzione.

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Come il suo predecessore, potremmo riassumere il flusso di gioco in: scegli le carte, decidi come usarle (se destinarle alla costruzione o al riciclo) e produci nuove risorse. Poi ricomincia.

“Eat, sleep, rave, repeat”

Fatboy Slim

Niente di nuovo sul fronte occidentale…?

Seppur con molti punti in comune con il predecessore, It’s a Wonderful Kingdom mette sul piatto un po’ di scelte di design interessanti che lo rendono un prodotto fresco, tra cui, la più importante, il meccanismo di selezione delle carte.

Dimenticatevi il classico “draft”: il giocatore attivo sceglie due delle carte tra quelle a disposizione nella propria mano e decide come disporle all’interno delle due zone di offerta. Tutte nella zona A, equamente divise o tutte nella zona B. A questa mossa corrisponderà una “presa” di tutte le carte in una delle due zone da parte del giocatore passivo. Poi si invertiranno i ruoli.

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A metter pepe, la presenza di carte calamità, che sono dei malus, e la possibilità da parte del giocatore attivo di disporre coperte fino a due delle otto carte totali di un round.

“Scelgo la zona A, che contiene quattro carte di cui due coperte, oppure la B, dove c’è una singola carta? E se ci fosse una calamità? E se fosse un bluff?”

Una sfida psicologica

Potrebbe sembrare davvero una piccola modifica, ma avere un meccanismo di selezione di questa tipologia, alza di molto l’asticella della profondità e della complessità del gioco. It’s a Wonderful World mi era piaciuto, ma lo ritengo un titolo che strizza molto più l’occhio al giocatore casual che al vero gamer. Qui la sensazione è totalmente opposta. Un paio di scelte sbagliate e la vostra partita potrebbe andare a farsi benedire già alle prime battute.

Variabilità

Una scelta interessante per It’s a Wonderful Kingdom è quella di avere all’interno del gioco diversi moduli (tre per esattezza), giocabili in diverse configurazioni (ad esempio il modulo “missioni” ha tre plance per altrettanti scenari differenti). Questi moduli sono da regolamento obbligatori: in ogni partita ne adotterete uno, cosicché le vostre partite saranno meno ripetitive.

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Qui penso sia corretto parlare anche del grande assente, ovvero il modulo conquista, che è stato escluso dalla versione retail: non escluderei possa eventualmente arrivare in un secondo momento come espansione del gioco base (un po’ come la campagna “Guerra o Pace” per It’s a Wonderful World), ma vi dirò, potreste farne anche a meno.

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dalla campagna Kickstarter di It’s a Wonderful Kingdom

Concludendo

It’s a Wonderful Kingdom per me è un sì assoluto. Un gioco di una eleganza davvero elevata, nel quale avrete modo di mettere a punto le più subdole delle vostre strategie, studiando le mosse del vostro avversario e approfittare delle sue défaillance. Certo, non vi consiglio di giocarlo con gente permalosa o potrebbe davvero finire male. Sfidando il/la partner, il rischio di dormire poi sul divano non è da escludere!

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La qualità dei materiali di gioco è di medio-alto livello, i token con anima nera fanno sempre la loro figura, seppur non ho gradito i token dei moduli: alcuni piccoli, alcuni molto anonimi. Un altro appunto: la scatola è un po’ troppo ampia rispetto allo spazio occupato dal materiale di gioco (l’inserto è lo stesso della versione Kickstarter, seppur con molti meno materiali all’interno).

Insomma, tirando le somme, questo “meraviglioso” franchising ne esce più forte, con un titolo che ha superato la prova con ottimi voti e soprattutto ha surclassato ampiamente il suo predecessore.


Si ringrazia Studio Supernova per la copia valutativa.

Nicola "The Green Player"

Software developer di professione, dedica il tempo libero alle sue passioni: gioco, musica, cinema, serie tv e tecnologia. Laureato in Informatica, ha un’esperienza passata da docente nella scuola pubblica. Nerd della prima ora, inizia l’avventura ludica con i videogame all’età di circa 5 anni, passando per anni di Magic: the Gathering a buoni livelli, qualche tentativo maldestro di gioco di ruolo, per poi atterrare sul gioco da tavolo. Dopo un passato in Le Cronache del Gioco e Fustella Rotante, diventa founder di The Green Player. Crede fermamente nel Germanesimo (amen).

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