Il pilota: Mr. Robot
Dalla penna di Sam Esmail nasce questa serie che andrà in onda su USA Network, se vi piacciono i thriller, i personaggi un po’ disturbati e la tecnologia è la serie che state cercando.
Alla regia Niels Arden Oplev, che ha diretto anche i pilot di Under The Dome e Unforgettable, nel cast, tra gli altri, Rami Malek (Elliot, il protagonista) e Christian Slater (Mr. Robot).
La voce narrante ci fa subito capire il concetto attorno a cui ruota Mr. Robot: nel mondo esiste l’1% dell’1% che gioca a fare Dio. Sono queste persone i padroni del mondo.
A parlare è Elliot, piuttosto giovane, felpa col cappuccio, faccia da “questo non è il mio mondo”, da questi elementi inquadriamo velocemente il personaggio, che si trova in un “Ron café”. Ron è un indiano, possiede questa catena di locali e ha una certa passione per la pedopornografia. Elliot ci tiene a fargli sapere di persona che non apprezza questa sua inclinazione. Nel farlo gli autori ci danno altre due informazioni: “Non sono capace a parlare alle persone, riuscivo a farlo solo con mio padre, ma è morto”. Elliot, invece di andare alla festa di compleanno della sua amica Angela si trova in questo locale e racconta a Ron che ha hackerato la sua infrastruttura e ha raccolto un dossier sulle sue attività. Arriva la polizia, Elliot tira su il cappuccio e se ne va, mentre gli agenti arrestano Ron.
Un hacktivist (sincrasi di “attivista” e “hacker”) che probabilmente lavora in uno scantinato? Nemmeno per idea, Elliot va al lavoro in metropolitana, dove incontra un tipo bizzarro che gli dice che per il mondo è un momento entusiasmante. Il volto di Elliot dà l’idea opposta.
Elliot lavora alla AllSafe Cybersecurity, una ditta che fornisce sicurezza informatica, odia quel posto di lavoro, di cui è la punta di diamante, perché è costretto a lavorare per le aziende che più disprezza, prima tra tutte la E-Corp, che chiama “Evil Corp”.
Quando un team della E-Corp a visita alla AllSafee il più tecnico del gruppo nota Elliot e lo saluta in francese: “Bonsoir Elliot”.
Angela, la sua amica, lavora con lui, così come il ragazzo di lei. Elliot sa tutto di lui, incluso il fatto che tradisce Angela: gli ha hackerato ogni tipo di account.
Il modo che ha Elliot per conoscere le persone che sono in qualche modo rilevanti per lui è quello di carpirne i segreti (mal) celati online. La stessa cosa ha fatto con la sua psicologa, lei crede di conoscere lui quando invece è più vero l’opposto. Elliot le mente costantemente, salvo in un caso in cui le spiega quanto odi questa società: “f*** society”, le dice, ma è tutto nella sua mente, in realtà non ha aperto bocca.
Elliot vive da solo, il padre è morto, la madre lo picchiava, non ha nessuno salvo un pesce di nome Qwerty, fa uso di morfina (ma in quantità tali da prevenire l’assuefazione), non gli piace essere toccato, non ama i posti affollati e il suo film preferito è Ritorno al futuro, quando raccoglie dati su qualcuno li salva su CD etichettati col nome di album musicali.
Il resto della storia ruota attorno a un massiccio DDoS operato ai danni dell’infrastruttura della E-Corp. Tutta colpa di un rootkit, parola che probabilmente molti spettatori non conosceranno ma, per i Signori di Kobol, non fate dire a una persona che fa quel lavoro (Angela): “Cos’è un rootkit?”, vi prego!
Fermato l’attacco si scopre che il file di configurazione del rootkit si chiama fsociety.dat, il file è vuoto salvo una riga: “non cancellarmi”. Elliot non lo cancella.
Ecco ricomparire il tipo bizzarro della metropolitana, che poi è Christian Slater, aka Mr. Robot, che lo porta nella sede di fsociety e gli spiega che suo padre era un ladruncolo la cui filosofia era: tutti rubano, se mi becchi vado dentro, ma se non mi becchi mi merito la refurtiva. Questo era il suo contratto con la società. Questo però non è essere liberi, ma prigionieri, e Mr. Robot vuole liberare tutti.
Il team di fsociety si incontra IRL, per dirla con le lettere di Elliot, miglior sistema di crittazione dati del mondo: non puoi beccare il PC di uno e distruggere il gruppo, non c’è un “central point of failure” (ma in informatica si parla di Single Point of Failure, non central). Mr. Robot testa le loro abilità con degli esercizi. A questo punto appare chiaro che il DDoS era uno di questi esercizi.
Quando Elliot torna alla fsociety ha intenzione di denunciarli alla polizia, Darlene, l’autrice del rootkit, quando lo vede gli chiede quando ha intenzione di dar loro l’accesso alla root, ma Elliot non ha idea di cosa intenda la ragazza. “Devo ancora mettere l’IP di Colby nel file .dat”, continua.
Ecco arrivare Mr. Robot, che gli spiega che la cosa giusta da fare è invece incolpare Colby, il capo dello staff tecnico della E-Corp, per assestare un duro colpo al sistema: la E-Corp detiene il 70% del credito dei consumatori a livello globale, distruggendone i database il debito verrebbe annullato. La più grande ridistribuzione delle ricchezze della storia.
Al momento di consegnare i dati di fsociety alla E-Corp Elliot cambia idea e cartellina, consegnando i dati con l’IP di Colby. La mossa non sfugge a “Bonsoir Elliot”, il tecnico della E-Corp conosciuto all’inizio della puntata. 19 giorni dopo Colby viene arrestato, un Elliot incredulo cammina per la città, fino a capire che ciò che gli aveva detto Mr. Robot era vero: è stato lui a dare la spinta alla prima tessera di un domino la cui portata va oltre ogni immaginazione. La scena di Elliot a braccia aperte è praticamente identica a quella di Hiro quando si teletrasporta, ci manca solo che dica “Yatta!”, ma l’entusiasmo dura poco: degli uomini in nero, che lo sorvegliavano da tempo, lo prelevano e lo portano in un edificio dove probabilmente si radunano le persone più potenti della Terra. Ne mettiamo a fuoco una sola, che saluta il nostro hacker con un “Bonsoir Elliot”, così abbiamo anche capito che quel saluto così inusuale era volto ad aiutare lo spettatore a ricordarsi di questa persona.
Technobabble a gogo, certo, ma i concetti che vengono espressi hanno anche una parvenza di sensatezza, con qualche licenza ai fini della storia, che si può ampiamente perdonare.
Le abilità informatiche di Elliot (che usa comunemente termini come IRL e AFK) sono notevoli ma non magiche, i telefonini non emanano dati, non tutte le password si possono forzare in 10 minuti e l’ingegneria sociale è fondamentale. Non tutto viene spiegato, non sapete cos’è un DDoS? C’è Google. Allelujah.
Teoria personale, Elliot è Mr. Robot, alla Fight Club.
Quando entra nella sede della fsociety il tipo all’ingresso guarda solo lui e non Mr. Robot, quando incontra Darlene si intuisce che è lui il capo di fsociety (guarda caso la frase censurata che ripete Elliot). L’essere in cura da una psicologa è solo un altro degli indizi del disturbo dissociativo dell’identità di Elliot. Potrebbe non essere così, ma sarei pronto a scommetterci.
In definitiva… complimenti a Sam Esmail, finalmente una serie ben scritta, che parla di hacking e di hacker che non fa cascare le braccia. Saranno solo 10, niente filler, altro motivo per cui guardarla, e il finale è già stato pensato, dato che il progetto è nato come un film.
Il secondo episodio esce il I luglio, e io sto già contando i giorni.
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