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Cowabunga!

Giochi da tavolo: le solite maledette domande

Giochi da tavolo: le solite maledette domande

Chi bazzica i gruppi dei social lo sa: ci si trova un po’ di tutto. E’ un mare magnum di gente civile, di sottosviluppati, di cordialità e indignazione e di una quantità infinita di informazioni. In mezzo a tutta questa varietà c’è però un dato di fatto incontrovertibile: periodicamente vengono fatte le stesse domande.

Premessa: leggete questo articolo con il sorriso e una punta di humor, e non abbiatecene a male se a fare una o più delle malefiche domande siete stati proprio voi ;-). Noi vi amiamo lo stesso.

Tornando all’oggetto dell’articolo, magari queste domande sono formulate in modo diverso, o con un tono diverso, ma sono sempre le stesse considerazioni, le stesse domande filosofiche, le stesse polemiche neanche tanto velate… roba che se uno spendesse 5 minuti (5!) del suo tempo per fare una ricerca sul gruppo di turno, troverebbe già poste, enucleate e concluse da un altro migliaio di persone.

Ma tant’é… su un social (e soprattutto su un gruppo), si ha bisogno anche di sentirsi per un momento al centro dell’attenzione, per raccogliere “proseliti” sotto forma di Like… di avere il proprio momento di “popolarità” per dire “Hei! ci sono anch’io e la penso così!”. E quindi via di domande… a volte ingenue, a volte “trollate”, a volte scomode… ma sempre ritrite.

Nella nostra esperienza “social” di gruppi di giochi da tavolo ne abbiamo selezionate 7, il numero di Libra, fra i segni zodiacali quello più equilibrato, diplomatico e che soppesa, dandone una nostra (personale) risposta. Chissà, magari alla fine questo post potrebbe esservi anche utile. 🙂


1) Come può un gioco costare tutti questi X soldi?

Oh Laukat!♥ Per te spenderei qualsiasi cifra (in questo caso me la sono cavata con poco 😀 )

Qui è necessario fare una premessina (la chiamo premessina perché non voglio sminuire la premessa, che era il paragrafetto all’inizio dell’articolo): ci sono giochi che hanno un costo effettivamente troppo elevato se rapportato alla presenza di materiali ed esperienza di gioco che portano con sé. Vuoi per il brand, vuoi perché l’addetto marketing è una pippa o perché è di importazione dal Kazakistan… insomma tutte cose che non si rapportano alla effettiva qualità.

Ma, senza scomodare quelle esche per ghigioni (come se dìse a Spésa… per voi foresti “come si dice a Spezia”) che sono le miniature, detentrici del primato di sovradimensionamento esponenziale del prezzo di un gioco, se nella scatola trovi una marea di segnalini, carte e illustrazioni, magari due domande fattele prima di ticchettare indignato sulla tastiera per il prezzo elevato: la prima è quanto valore dai alla creatività di un prodotto (intesa come capacità di produrre un’opera complessa); la seconda è quante mani, occhi e cervelli hanno dovuto lavorarci per farti godere di un prodotto così.

L’altro giorno sono andato da un concessionario di una nota marca di automobili per portargli la mia Gigia (il nome della mia macchina) perché doveva fare una revisione completa (ad una certa età si deve fare… come la visita dall’urologo o quella per l’osteoporosi). Per fare un preventivo mi ha chiesto 30 euro… per fare un preventivo. Cioè per dirmi quanto avrei speso per avere la macchina revisionata dovevo sganciargli 30 euro (che poi penso sia il valore della mia macchina e di qualche milione di giochi in circolazione). Ma lì è normale, no? Si parla di automobili, roba “da uomini”, quindi è normale che per scribacchiare quattro cifre su un foglio ti chiedano dei soldi.

Quando invece ti trovi un prodotto pieno di illustrazioni, con magari una storia da seguire, delle meccaniche da calibrare, dei character da costruire e soprattutto dei materiali da realizzare ecco che quei famosi 30 euro diventano, per noi, 300 e il nostro cervello registra 100 euro per un gioco come fossero un mutuo. Accettiamo che un meccanico ci chieda centinaia di euro per dare una martellata al motore “perché sa dove darla” (come recita la famosa storiella) ma ci scandalizziamo se un prodotto creativo ed elegante ci costa un bel po’ di soldi… come dicevano in Tre uomini e una gamba? “Per 20 euro il mio falegname la faceva meglio”… o qualcosa del genere.


2) Perché non leggiamo quasi mai recensioni negative?

Ok, questa è la più bella, me la tengo per dopo…


3) Perché c’è gente che compra giochi se ne ha alcuni intonsi?

Perché fondamentalmente sono cavoli suoi.

Il mio… tessssssoroooohhh…

Perché vi interessa? Un idiota con la faccia antipatica, i denti in fuori, il moccio al naso e il fisico da tisico vi ha sfilato l’ultima copia dell’ultimo gioco di una serie che non riediteranno mai più, ridacchiando e sputacchiando ai suoi insulsi amici nerd che se lo prendeva solo per metterlo nella collezione incelofanato e dimenticarsene per sempre alla faccia vostra?

Ci sono mille motivi per cui uno si compra un gioco avendone altri intonsi: gli piace ma non ha con chi giocarci e spera un giorno di intavolarlo, non gli piace ma lo tiene nella speranza che aumenti di valore e lo possa rivendere a qualche babbano nostalgico pieno di soldi, lo vuole appendere al muro come ricordo dell’ultimo Modena Play, lo ha preso perché è un suo feticismo… tutte cose che non vi riguardano, non ve ne dovreste preoccupare.

Io in casa ho un mega Lego da 2.400 pezzi preso in un impeto di follia, e che adoro! E’ lì, da un mese ancora nella sua scatola, intonso, imponente appoggiato all’armadio ai piedi del mio letto, che mi guarda come a dire “47 anni, ti compri un Lego e manco lo monti… ma che razza di uomo sei?”. Eppure io quel Lego lo vedo ogni giorno, sogno quando finalmente non ci saranno clienti al telefono, parenti alla porta, richieste innominabili di favori improbabili, il mio amico che viene mollato un mese sì e l’altro pure e che si deve per forza sfogare con me per ore e ore… attendo quel momento epico in cui la scatola calerà fra le mie mani come il monolito di Kubrick, la accarezzerò in modo lascivo, la aprirò come una cozza e sentirò lo scrosciare sensuale di tutti quei pezzi sul tavolino di casa, una marea multicolore pronta per essere assemblata. E nel frattempo il Lego rimane lì, intonso, mentre io passo le mezzore a mia disposizione amoreggiando con quell’amante irresistibile del divano…

Piuttosto, preoccupatevi dei libri che comprate avendone altri da leggere, della moto che vi lisciate in garage non avendo mai occasione di farci un cribbio di giro con gli amici perché quando uno è libero l’altro non lo è, (tipo il gioco “Acchiappa la talpa”), dell’uomo o la donna per cui sbavate da 10 anni e che non ve lo/la dà manco a pagarlo/a. Insomma, fatevi una padellata di cavoli vostri una volta per tutte e non rompete le dashboard con domande inutili sui perché che aiutano a crescere…


4) Perché c’è gente che vende giochi incelofanati?

Semplice: perché ha dei giochi ancora incelofanati.

Ecco il mio pezzo incelofanato! Guardate come brilla sotto la luce… sembra oliato come un culturista!

Per i motivi di cui alla domanda 3 (tutti motivi di cui comunque non dovreste minimamente preoccuparvi) ad un certo punto il collezionista di board game (non di ossa) decide che è il momento di liberarsi di qualche gioiello per cui ormai si è rassegnato, o che ha raggiunto la quotazione desiderata… o cacchio, ha capito che non gli interessa più, ora ha da pensare al sesso, alla carriera, al bambino che gli è nato l’altro giorno… insomma ma a voi che ve ne frega? Ha deciso di vendere un gioco e si da il caso che quel gioco sia ancora nel cellophane. Cosa fa? Lo toglie dal cellophane così nessuno si lamenta? Ma voi comprereste più volentieri un gioco al mercatino dell’usato già aperto o ancora incelofanato? Ecco che vi siete risposti da soli.

Faccio coming-out (ne ho fatti talmente tanti da essere abituato): ho un gioco incelofanato nella mia collezione. Vi dico anche qual è (se non ve ne frega niente, pazienza. Io ve lo dico lo stesso: non ci gioco ma voglio gridare al mondo il suo nome): Warcraft III – The board game – The Frozen Throne (l’espansione). L’ho comprata al Modena Play per 10 euro (comunque più di quello che ha speso il padre di Angelo Branduardi per il topolino alla fiera dell’Est) e dato che il base mi piace molto (seppur con qualche riserva) ho trovato fantastico trovarne l’espansione ad un prezzo per me ridicolo. È ancora lì, incelofanato, intonso, ma non me ne sono mai dimenticato. Mi piace averlo perché è fuori produzione, perché il gioco base mi piace e perché spero di trovare gente che voglia giocarlo con me. Se decidessi di venderlo, sarebbe ancora incelofanato e non mi vengono in mente motivi per cui uno dovrebbe rampognarmi se non l’ho ancora “scartato”. Lo conosco già, so cosa contiene e ne conosco le meccaniche. Cosa lo scarto a fare se non posso giocarci?

Nota: c’è chi fa il dimostratore e: a) si trova a scegliere: “ti pago 80€ oppure 160 in giochi”; b) a fine fiera magari ha un forte sconto (50%?) su un titolo della casa editrice , decide di sfruttare la cosa per poter portare a casa qualche soldino extra. Vogliamo crocifiggere anche i dimostratori adesso? Della preparazione dei dimostratori parliamo un’altra volta, ora non c’entra un belino, fatevi un nodo al mandillo (il fazzoletto, per i non liguri) e andiamo avanti.

Un mio amico melomane (che non è un maniaco delle mele, è un appassionato di musica) ogni volta che compra un CD non aspetta di arrivare a casa per togliere il cellophane e guardare il libretto: lo apre mentre stiamo camminando per strada, a volte con i denti, ficcando poi il cellophane nel primo cestino che trova per poi leggiucchiare il libretto dell’opera. Lì, in mezzo alla strada, mentre stiamo camminando, mentre una donna sgrida un bambino, si sente odore di cartocci dalla friggitoria, o passano quei gruppi di ragazzini di cui uno con la radio appesa al collo a tutto volume e una musica di merda sparata a manetta.

Per me è inconcepibile: a parte che non potrei farlo con un gioco in scatola, poi per me l’apertura di un gioco nuovo è un momento catartico, da affrontare con le mani pulite, la mente sgombra, il silenzio, la solitudine… solo io e lui in un ludico ludibrio mentre strappo la pellicola, apro la scatola e ne estraggo il regolamento, le fustelle, i pacchetti e sento quel profumo di colla, cartone e stampa così tipico dei giochi nuovi…


5) Ho comprato questo gioco: pareri?

Talisman… mia delizia! E chissene frega dei malpensanti che non ti apprezzano!

Ragazzi vi voglio bene… ma tantissimo! Siete così tanti, variegati, a volte allegri a volte insopportabili ma tutti accomunati dalla sana e sacra passione per i giochi in scatola che piacciono tanto anche a me.

Proprio perché vi voglio tanto bene, voglio parlarvi da amico, da persona che ci tiene a voi e alla vostra reputazione: lo volete capire che questa è una domanda da perfetti idioti? Voi la fate su un gruppo, e per il 90% le risposte sono prese per il c*lo. Strano no? Voglio dire, secondo voi è normale che uno compri un gioco in scatola e poi chieda pareri su quanto sia bello e valido quel gioco?

È la stessa procedura che usa la mia amica Loredana: lei entra in un negozio e compra un vestito che le piace, poi a casa se lo prova… col risultato che spesso e volentieri deve tornare indietro a cambiarlo. Voglio dire le costava tanto provarselo nel camerino del negozio? “Avevo fretta” è sempre la sua risposta… vabbéh. Io le voglio bene lo stesso… tranne quando mi prega di riaccompagnarla a cambiare qualcosa.

Facendo la domanda, mi fate capire che avete lo stesso problema di Loredana: lei compra una cosa che crede le piaccia, poi la prova a casa e magari vede che la ingrassa, o non si intona con le sue giacche o non è la sua taglia… insomma compra prima di essersi documentata o almeno specchiata. Dalla sua ha che comunque è solo una seccatura dover tornare in negozio a cambiare la merce, ma voi come fate?

Se vi dicono che il gioco che avete comprato è una cioffenca vergognosa tornate dal negoziante e lo cambiate? Non credo proprio. Lo rivendete incelofanato al mercatino dell’usato (dite la verità, siete voi quelli della domanda 4!).

Ma poi perché lo avete comprato? Per la scatola? Per i pezzi raffigurati? Per il peso? Per cosa se poi chiedete cosa ne pensa la gente? Avete comprato un gioco a scatola chiusa per una qualsiasi motivo, la cosa più furba da fare è aprirlo e provarlo e casomai dare le proprie impressioni e verificare eventualmente che siano condivise o no (se proprio ci tenete).

Io sono un fan di Talisman, il vecchio e il nuovo. Mi piace giocarci, mi piacciono le miniature, mi piacciono le carte, le illustrazioni, le meccaniche semplici. Insomma, ci gioco volentieri e ho un casino di espansioni e mi piacciono tutte quante (anche se quella del Drago è lunga come la fame). Molti miei amici lo considerano un gioco dell’oca rivisitato e ammetto che sotto certi punti di vista e paragonato ad altri giochi più raffinati, hanno mezzo ragione (se non tutta). Ma a me piace, mi ci calo con piacere, lo spiego in due minuti e ci facciamo delle grasse risate fantasy. Risveglia ricordi, mi cala in un mondo di magia, mi fa rilassare la mente. A sto punto a me che me ne frega se agli altri piace o no? Adesso che ce l’ho e ci sto giocando? Forse se avessi ascoltato dei pareri prima non lo avrei comprato, forse lo avrei fatto lo stesso… ma a cosa servono i pareri su un gioco che già hai?


6) Ho comprato questo gioco in cingalese. Qualcuno può scansionarmi il regolamento in italiano?

Il mio amore! Ci ho giocato 2 volte in 10 anni perché è pesantemente in inglese e molti miei amici non lo sanno…

Ok, esistono giochi molto belli che in Italia, per vari motivi di cui ora non sto a discutere, non vengono localizzati, sono in lingua straniera, costano anche magari di più che se fossero in italiano. Di solito si parla di giochi in inglese, e qui scattano i nazi-esterofili che tuonano dall’alto delle loro cattedre da british-addict che tutti nel 2020 dovrebbero impararsi l’inglese, che è assurdo che non si conosca l’inglese, che l’inglese apre tutte le porte (soprattutto quelle con su scritto BrExit)… poi magari ti dicono che la Repubblica di Salò risale al 1962 e che Manzoni è autore della Traviata… ma del resto come paragonare una mente brillante e acculturata, che sa di storia, d’arte e di letteratura (ma non di inglese), con una tavola da stiro che ti sciorina un must al momento giusto, o ti propone un bruch, un lunch o un coffee break (come ci insegna Gigi Proietti in una pubblicità)? E’ chiaro che la seconda è una che sa! Una che sta al mondo! Una figlia di… ahem del nostro tempo.

Ho lavorato 10 anni in una tipografia, e posso dire che il mondo della grafica è pieno di esterofili che usano inglesismi a manetta e poi ti mandano robe da stampare in RGB, fuori formato o scambiano un Jpeg per un vettoriale… ok, sto divagando, posso farlo, l’articolo lo scrivo io mica voi, fatemi sfogare un po’, cribbio!

Tornando al discorso, per questi giochi non localizzati esistono anche delle traduzioni fan-made (che emozione usare un inglesismo così cool), di appassionati che si mettono lì con pazienza, abnegazione e una professionalità indeterminata per rendere fruibile anche all’italico popolo di “angloignoranti” proprio quel gioco che loro ritengono tanto bello da essere diffuso il più possibile. Non vedo nulla di male in questo, sempre che le case editrici non se ne approfittino e cerchino di scavalcare la professionalità e la precisione di chi fa traduzioni per lavoro (ma questo è un altro discorso).

Tutto questo per dire cosa? Per dire che se ti compri il gioco in cingalese perché te lo vendono al prezzo di un cesto per le mollette e chiedi la scansione del regolamento italiano (perché sai che esiste, quindi qualcuno lo ha localizzato), caro il mio “estero-furbacchione”, ti arrangi!

Impari il cingalese, che è una cosa esterofila, ti apre tante porte (tipo quella delle toilette in un Hotel di Colombo), o fai come quelli della domanda 4: lo rivendi (magari incelofanato) e speri di trovare qualche componente del consolato dell’isola di Ceylon che se lo ricompri (lo vedete perché ci sono tanti che vendono giochi incelofanati/intonsi?). I giochi localizzati in Italia hanno un costo che include anche quello di lavoratori esperti che traducono i materiali per rendere Italiano un gioco che non lo è, quindi comprando a Colombo un gioco in cingalese e chiedendo la scansione dei regolamenti non dai una mano all’economia italiana né a rafforzare il mondo dei giochi da tavolo in Italia e te ne freghi se c’è gente che si sbatte e campa anche del proprio sudore sulle traduzioni di un gioco.

Avete ancora un angolo libero del vostro mandillo? Perché poi parliamo anche delle traduzioni fatte con i piedi, visto che sono quasi sempre gli stessi a fare dei lavori di qualità indegna, anzi che “fa anguscia” (oggi vi insegno un sacco di espressioni liguri!)


7) Ma come fanno a piacervi i giochi in solitario?

Palm Island è uno dei giochi che amo di più! Mi sono progettato anche un supporto in cartoncino per agevolarmi le partite.

Allora… ma perché le persone devono fare questa domanda? Ma veramente mi domando PERCHÉ?

Lo sapete chi fa questa domanda di solito? Le menti alveare! Quelli che ti vedono e ti si attaccano come la cicca sotto al tacco perché determinano le loro capacità psico-emotive in base alla grandezza dello sciame che possono formare! Quelli che non possono concepire un “io” ma solo un “noi”, come i Borg di Star Trek,  che li avvicini e ti assimilano in una delle loro tragiche “serate fra amici”… e la resistenza è inutile. Quelli che tutti cercano di dribblare in ogni modo senza mai riuscirci e che generano meme sull’incapacità di mettersi d’accordo (strano che i loro amici siano tutti malati…).

Io ho due giochi prettamente solitari di cui uno, Palm Island, è una droga! Ma veramente! Setup di 10 secondi, un mazzetto che sta nel palmo della mano, poche semplici regole e passano le ore peggio che stare al computer. L’altra sera stavo guardando un film con un mio amico… mi è venuto a trovare, ospitalità vuole che sia lui a scegliere il film da guardare. Ha scelto un film di mmm… misera qualità devo dire, ma che ho accettato di guardare con spirito di sacrificio e tanto affetto nei suoi confronti. Per farla breve, mentre lui, preso dal film, era fisso sullo schermo, io, con disinvoltura e una rapidità di mano da prestigiatore navigato, ho estratto il mio mazzetto di 37 carte e ho cominciato a barattare pesci, tagliare legna, costruire case, assoldare paesani per far crescere la mia bella isoletta e prosperare. 6 partite mi sono fatto prima della fine del film. Ho dovuto sostituire anche le bustine protettive perché ormai erano carta vetra… facevano le scintille invece di scivolare.

Che oltretutto i giochi in solitaria (o che prevedono almeno una modalità in solitario) stanno crescendo come mercato, molti la richiedono almeno come opzione… ci sarà un motivo? No, in realtà ci sono più motivi:

  1. misantropicamente perché ogni tanto piace giocare senza quello che non capisce le regole, quello che bara, quello che ti sparpaglia briciole di patatine sulle plance, quello che ti dice un orario e arriva un’ora dopo (se arriva), quello che “sì mi piace questo gioco ma per me è troppo difficile/facile”, quello che a lui non piace ma a me sì;
  2. logisticamente perché a volte è difficile mettere insieme abbastanza teste per giocare… o a volte se ne mettono troppe e non si possono fare i classici giochi “da 4” perché alla fine si è in 6 o 7, con gli inviti a cascata che non finiscono più e se non inviti qualcuno pensa che ce l’hai con lui;
  3. semplicemente perché uno vuole mettersi al tavolo e giocare, anche in mutande, o prima di farsi una doccia e, quando non ne ha più voglia, sbaraccare anche a metà partita, così, senza motivo, senza dover dare spiegazioni.
  4. egoisticamente perché, in base all’assunto del punto 2, voglio giocare ad un gioco indipendentemente dal fatto che Tizio e Caio non ci vogliano giocare, o non se la sentano, o glielo impedisce la loro religione, il veganesimo, l’ammortizzatore sociale… o il Coronavirus;
  5. comprensibilmente, nei collaborativi, per l’emozione delle avventure in solitaria, dove tu sei contro tutti e devi fare affidamento sui tuoi poteri, sulle tue scelte, sul tuo equipaggiamento, senza che ci sia il leader di turno a coordinare le mosse, a dirti cosa fare, senza bisogno di fare riunioni plenarie per stabilire le strategie… sbattendoci la capa se fai delle cavolate;
  6. necessariamente perché a volte non si hanno proprio persone con cui giocare perché si vive in un luogo isolato, oppure non si ha proprio il tempo di organizzare o di andare da qualche parte, si deve stare dietro ai figli, moglie o marito non vogliono giocare…
  7. operativamente perché si può studiare meglio un gioco provandolo prima da soli divertendosi (e non c’è miglior modo di imparare qualcosa).

Insomma ragazzi, se non state bene da soli con voi stessi, non curatevi di noi che siamo amanti dei solitari, curatevi voi (come direbbe Mercoledì Addams)!


Ok, mi sono riservato la domanda 2 dato che mi riguarda direttamente perché anch’io recensisco giochi, quando ho tempo… e anche perché spero che la curiosità vi abbia fatto anche leggere il resto dell’articolo…

2) Perché non leggiamo quasi mai recensioni negative?

Sono stato cattivello con questo gioco per un motivo “grafico-compositivo”. Il gioco in sé invece mi è piaciuto un casino, che ci devo fare? (leggetevi la mia ludografica su questo sito se siete curiosi)

Questa è una domanda fra le più perniciose e che scatena sempre una pletora di polemiche in cui i blogger/recensori vengono accusati di non calcare la mano per non offendere le case editrici, perché altrimenti non ricevono più giochi “in omaggio” o perché magari sono complici nello “spingere” un gioco specifico. Roba che  Massoneria, Big Pharma e Poteri Forti levatevi.

Ora, quando ho messo “quando ho tempo” in grassetto non l’ho fatto a caso, l’ho fatto per far capire che io personalmente non recensisco giochi “per mestiere” ma per passione. Non ricevo compensi in denaro, non ho un contratto o una lettera di incarico, non mi si richiede una professionalità specifica ma solo tanta passione e una certa esperienza nel mondo dei giochi da tavolo (oltre alla capacità di scrivere in modo decente). E nella mia situazione ci sono quasi tutti quelli che si prodigano a recensire i giochi da tavolo (almeno, su GeekPizza siamo tutti così… e lo so che l’avete letto cantandolo…).

Non facendolo per mestiere e non avendo scadenze, è ovvio che se devo impiegare tempo per studiare un regolamento, cercare giocatori e organizzare delle partite tendo a farlo con giochi che penso mi piacciano, perché magari, prima di farmeli mandare, ne leggo le caratteristiche su BoardGameGeek, o perché ne sento parlare dagli autori, vedo dei tutorial o delle presentazioni. Va da sé che, salvo casi molto particolari, mi ritrovi a fare delle recensioni positive dei giochi che mi sbatto per provare. Poi ci sono stati anche casi di recensioni negative, ma saranno sempre molto meno di quelle che mi fanno propendere per un gioco.

L’affermazione che facciamo recensioni positive come contropartita della ricezione del gioco è veramente la cartina al tornasole di come vengono considerate le opere di ingegno in questo paese: se non implicano una chiave inglese, un martello o gli strumenti da carpentiere, allora è tutta roba dai fatidici “5 minuti”, che fai mentre sei al cesso e che comunque non ha certo la dignità del lavoro in officina.

Per fare una recensione io mi devo studiare il regolamento (e dalla quantità di domande senza senso che si leggono sui gruppi, direi che è una cosa che fanno in meno di quanto ci si aspetterebbe)… studiarlo bene, non semplicemente darci una letta e alla via così. Poi devo organizzare un paio di serate, in numero variabile a seconda del tipo di gioco. Poi ovviamente devo scrivere la recensione impiegando tempo e abilità (e per me che faccio le ludografiche sono abilità che richiedono molto tempo), sacrificando momenti che potrei passare a giocare o a rilassarmi o a… fare altro. Il gioco faccio prima a comprarmelo in termini di valore di tempo (che è poi la cosa più preziosa che ha un essere umano).

Per cui, a tutti quelli che si domandano “Perché non leggo recensioni negative?” rispondo “Perché sei tu che non ne scrivi una!”.


Ecco, queste sono le domande più ripetute ciclicamente nei vari gruppi che seguo… almeno quelle che mi ricordo. Domande che hanno già avuto risposte su risposte (in genere sempre le solite) e cui ho imparato a non rispondere, o quantomeno rispondere cortesemente ma disattivando le notifiche del post (è brutto da dire, ma è questione di sopravvivenza).

Bene… se siete arrivati qui, dopo tutto sto pippone, avete la mia massima stima. Io stesso non so se ce l’avrei fatta 😀 . Comunque dato che siete qui vi farei avere lo sconto su MagicMerchant.it nella sua ricca sezione di giochi da tavolo… ma io non sono Omar e non ho voce in capitolo, quindi vi dovete accontentare di un grazie! 🙂

Luca "il ludografico"

Il Ludografico (all'anagrafe Luca Canese) è un graphic designer e modellista, con una passione smodata per i giochi da tavolo, i libri, la storia antica, i boschi, gli orsi, gli unicorni, i giochi di Ryan Laukat, le opere di Paolo Chiari e i libri pop-up di Robert Sabuda. Scrive articoli bizzarri su vari aspetti del mondo dei GdT, realizza recensioni grafiche (le Ludografiche) dei giochi che ha provato, crea giochi sotto l'egida della LuxLu GD (con il suo collega Luigi Maini), lavora come grafico freelance per le aziende e agenzie, collabora con lo studio Labmasu come progettista di organizers per giochi da tavolo e, in passato, con la 4Grounds per la progettazione di navi di legno. E trova pure il tempo per giocare e badare alla sua casa. Consumato (e a volte scostumato) master e giocatore di GdR, passa da Eberron agli oscuri miti lovecraftiani con nonchalance, mentre la sua casa è invasa (oltre che da libri fantasy, di illustrazioni, di storia, Funko Pop e altre cose strane) da miniature dipinte e non dei più svariati giochi.

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2 pensieri su “Giochi da tavolo: le solite maledette domande

  1. Amo il punto 6 ed il “fa anguscia” finale!
    hai un la mia attenzione e la mia lettura, so che non conta molto, ma lo scrivo lo stesso perché mi fa piacere!

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