Quel momentaccio brutto – 8 – La sottile linea rossa
“Oggi hai perso ragazzo, ma non significa che debba piacerti” recita una delle scene più iconiche della Storia del Cinema d’Avventura.
Oggi si parla di sconfitte, di come affrontarle e del fatto che Ash Ketchum in realtà è un perdente patentato.
Chi non ha mai perso malissimo una partita, scagli la prima pietra!
Spero non siate quelli che prendono tutto alla lettera, altrimenti non sarà facilissimo spiegare al vostro dirimpettaio perché di colpo si è sentito come ad Ivrea alla battaglia delle arance…
Siamo tutti giocatori da tavolo e sappiamo che non si può avvicinarsi a questo hobby senza la capacità di accettare la sconfitta altrimenti saremmo tutti come mio figlio, che quando non vince cambia le regole (devo dire in molte occasioni in modo particolarmente originale, come quando a Primo Frutteto ha girato il meeple del corvo in modo che non vedesse il risultato del dado).
Sicuramente ci sono diversi modi di interiorizzare il fatto di perdere una partita.
Ci sono quelli a cui non importa assolutamente nulla e giocano solo per divertirsi (o almeno questo è quello che dicono); normalmente questi individui hanno sempre un serafico sorriso stampato sul volto e sparano il classico “Ma si, in fondo è solo un gioco” a mitraglia manco fossero parenti di Rambo. Il gioco perfetto per loro è This War of Mine, perché se riescono a tenere il sorriso anche giocando a quello allora potete essere certi che in realtà sono dei serial killer.
Altri ancora incassano con l’eleganza di Milord e poi se ne vanno nella stessa maniera scenografica; vincere gli piacerebbe, ma non ne fanno una ragione di stato se non succede e vanno avanti con le loro vite senza intraprendere strade di vendetta stile Kill Bill. Sono portatori sani di Case della Follia e di partite di quattro ore andate a quel paese perché i dadi non vogliono saperne di tirare una stella.
Ci sono giocatori che si infuriano, strepitano e si lamentano contro il fato, il regolamento brutto e NON TI PERMETTERE ASSOLUTAMENTE DI NOMINARE MIA MADRE, MAI PIU’.
Sono certo che a tutti è capitata almeno una volta l’orrenda esperienza di avere a che fare con quello che non accetta di aver perso e se la prende con gli altri giocatori o, ancor più patetico, con il gioco stesso, possibilmente svilendo il risultato di quello che ha vinto. Sono in grado di legarsela al dito “Agamennone style” e di aprire faide familiari fino alla quinta generazione.
A questi auguro una vita a Barrage, che lì se perdi non è che puoi prendertela con qualcuno oltre te stesso. O, per la legge del contrappasso, a Tekken 3 giocando sempre e solo contro Eddie Gordo (si, ho detto proprio Tekken 3, c’ho na certa…).
Si possono fare dei distinguo molto chiari tra sconfitta e sconfitta:
- Non c’è nulla che si possa fare, la sfiga attanaglia ogni nostro tiro o pescata. Se riuscirò a non essiccare l’ispirazione ci sarà un capitolo apposta per queste giornate.
- Abbiamo giocato una partita orrenda sbagliando tutte le scelte e le mosse e veniamo asfaltati come le autostrade in Agosto nei giorni da bollino nero. In queste partite ribattezzate “Finali di Champions della Juve” la delusione per la sconfitta lascia il passo al chiederci se effettivamente facciamo parte di una razza evoluta e superiore (ma basta vedere un film di Siani per porsi lo stesso quesito).
- La partita l’abbiamo gestita anche benino, ci siamo districati tra le maglie del regolamento e siamo riuscita a portare avanti una più che discreta strategia. Peccato che stavamo fronteggiando il possessore del gioco che ha un numero di partite alle spalle superiore alle opere di Stephen King, ma in questo caso anche con dei successi dopo il 1999. Personalmente mi è accaduto con Tehotihhuakahn (vabbè dai, il piramidone one one di Tascini) di essere bello orgoglioso di quanto fatto e perdere comunque di 180 punti da quello che aveva proposto il gioco… E’ già tanto che non ho dovuto costruirla a casa sua una piramide…
- Le sconfitte nei cooperativi attingono a piene mani a “mal comune, mezzo gaudio”; è come se fossimo tutti Edward Mani di Forbice in un negozio di palloncini (e in ogni caso dai, c’è SEMPRE quello a cui dare un po’ più colpa che agli altri!).
- Infine ci sono quelle sconfitte che fanno veramente male, quelle che bruciano dentro lasciando segni indelebili ed incubi notturni tali da farci rivalutare l’idea che Freddy Krueger possa aprire un doposcuola.
Per quanto mi riguarda le maggiormente ascrivibili a quest’ultima lista sono quelle perse agli spareggi.
E non al primo spareggio, sarebbe decisamente troppo facile. Parlo di quelle perse al terzo o quarto criterio di spareggio. Che è come se una ragazza ti dicesse “Guarda, mi metto con lui perché siete belli uguali, intelligenti uguali, simpatici uguali ma lui ha un bottone in più sul giubbino”.
Si discute ormai da anni sulla questione degli spareggi. Effettivamente servono? Non possiamo accettare di condividere la vittoria? Il criterio di spareggio è logico e legato alle meccaniche del gioco? Non sarebbe meglio fare i supplementari ed eventuali rigori? Abbiamo digerito o no la vittoria di Tensing al torneo di arti marziali? Tamberi ha fatto bene a condividere l’oro? Possiamo sperare in un pareggio ad un tavolo di roulette russa?
Io sono molto competitivo, per cui per me in un gioco con queste caratteristiche ci deve sempre essere un unico vincitore. Ricordo che giocando a Project L arrivai a pari punti con il possessore del gioco e mentre questo stava mettendo via il gioco, facendomi anche i complimenti, chiesi “Maaa… e in questo caso gli spareggi?”. Lui allibito corse a vedere il regolamento. Vinsi io per una tessera. Poi mi chiedo perché ho pochi amici.
Ma chi di spareggio ferisce, di spareggio perisce! Per tre partite di seguito a White Castle ho pareggiato i punti e perso perché indietro di un passo nel tracciato influenza. E tutti i miei meeple scansafatiche li ho fatti gettare dai ponticelli come dei lemming, sti fetusi!!!
E pensate che mi mancano ancora un paio d’anni per capire se effettivamente ho vinto quella partita di Arboretum, ma sto spendendo un capitale in fertilizzanti.
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