Cronache da IDEAG – Ponte Taro, 12 gennaio 2019
Secondo anno nel parmense e IDEAG vede un gran successo di autori, case editrici e semplici giocatori.
L’IDEAG nazionale è ormai una macchina ben oliata, al contrario del mio Roomba che, a due mesi di vita, cigola quando gira (aggiornamento, ho smontato la ruotina anteriore e l’ho pulita, ora non cigola più). Quando arriviamo a Ponte Taro per riceviamo subito una meravigliosa targhetta a testa con il nostro nome scritto a mano da Stefania, che quest’anno sostituiva Laura.
Mancava anche Pako, impegnato in una missione ludica internazionale e Paolo era l’unico con la maglia gialla, ma l’allegra brigata era riuscita di nuovo nell’impresa che si chiama IDEAG.
Io e Federica, come da tradizione, iniziamo IDEAG da Francesco Testini, al tavolo con noi c’è Daniele Correale Pompetti (Plan Play), che finalmente incontro di persona. Il gioco si chiama Sapphire Island, ambientato in Sri Lanka e adatto anche ai più piccoli. Carino il sistema della ruota, non male anche il sistema della mano degli obiettivi: dovete risolverli in ordine, ma potete pagare per mettere la prima carta in fondo. Gli manca ancora qualcosa, ma in linea di massima non ci è sembrato niente male.
La seconda tappa è stata da Stefania Niccolini e Marco Canetta, dove conosciamo Iacopo Canetta e giochiamo a Steam Wars, una battaglia navale sui generis per due giocatori: ogni giocatore prepara una porzione di “mare” sulle quali giocherà carte nave, attivando gli effetti della carta mare e della nave. Le navi sono numerate e cercheremo di fare dei tris e delle scale per ottenere punti alla fine, va da sé che cannoneggiare le navi avversarie o farle finire sopra delle mine le rende inutili ai fini del punteggio.
Un gioco ad altissima interazione, rapido, adatto a tutti. Vince Federica di un punto, grazie a una carognata finale che ha vanificato la mia carognata quasi-finale.
Dal palco Paolo Mori ci introduce a questa nuova edizione, senza presentare gli editori, che sono diventati tantissimi, ormai. Accanto a Paolo c’è Walter Obert che saluta tutti, passando definitivamente il testimone e raccogliendo un meritatissimo applauso.
Il secondo gioco del duo NiccoliniCanetta è un gioco zodiacale con un draft di dadi, un pizzico di aritmetica (fino a 12 sapete contare, sì?) e raccolta di set. Il gioco (senza titolo) ha bisogno di un po’ di ritocchi volti a far interagire in maniera più importante le carte tra loro e innescare combo, ma ha molto potenziale.
Non siamo a Torino, non c’è Dado, ma non mancano i panini che mangiamo con Marco, Stefania, Iacopo, Flaminia e Virgilio (finalmente ho conosciuto anche loro) prima di avvicinarci al tavolo di Andrea Ruggeri e Sara Bani Alunno. Holliword decisamente non fa per noi: si gioca a squadre, un giocatore riceve delle carte con delle parole e fa un disegno che ne rappresenti il più possibile. Un compagno di squadra dovrà scrivere un frammento di storia (l’incipit viene definito all’inizio della partita) che contenga le parole in questione, ammesso che sia riuscito a decifrare il disegno correttamente. Ah, ho detto che le due operazioni vanno fatte nell’arco di sessanta secondi?
Holliword, dicevo, non fa per noi, ma abbiamo guardato una partita ed è veramente spassoso. Il prototipo sembra quasi un gioco finito, visto che i due autori sono grafici illustratori, però, non ci si poteva aspettare niente di meno. Bravi! So che hanno riscontrato l’interesse di un editore e spero che il loro gioco arrivi sugli scaffali.
Finalmente riesco a giocare con Mauro Chiabotto dopo 3 anni (ci siamo conosciuti a IDEAG 2016 a Torino), ci sediamo con lui al tavolo di Dario Massarenti e proviamo Ark of Giuvè, un gioco cooperativo per piccini, dove occorre realizzare coppie tessere animale e metterle sull’Arca, in tempo reale, ma il gioco che mi è piaciuto di più è stato Animal House, in cui i giocatori cercano di battere gli altri in velocità nel posizionare gli animali su una lavagnetta magnetica, basandosi sugli indizi relativi alla posizione o, in una versione più articolata, basandosi su indizi relativi alla somma dei valori di alcune caselle.
Animal House mi è piaciuto un sacco. Molto particolare, la parte matematica probabilmente non fa per tutti, ma ci siamo divertiti e Federica, che mi ha battuto di qualche secondo, ha potuto bullarsene, come se io facessi tante scene quando vinco.
La giornata è proseguita al tavolo di Danilo Sabia, dove abbiamo provato Katniss. Il gioco è, ovviamente, ambientato nel mondo di Hunger Games, anche se “ambientato” non rende adeguatamente l’idea. Io che non amo i giochi ad alto tasso di aleatorietà o con l’eliminazione dei giocatori, ho trovato Katniss una figata incredibile. Mi spiace solo non aver potuto far fuori lo spietato Andrea Chiarvesio, che mi ha colpito con la pioggia di sangue, ma non prima di aver eliminato la povera Lavinia.
Il titolo, come ci ha spiegato Andrea, ha ben poche possibilità di vedere la luce con la licenza, ma è veramente un peccato: tutto dice “Hunger Games” in questo gioco strepitoso. Se volete saperne di più, vi rimando a questo articolo di Chiara.
Prima di andare via, ci siamo presi ancora un’oretta per giocare assieme a Gonzalo e Pier di ThunderGryph, il primo ci ha fatto provare Rolling Ranch. Un roll and write che vedremo ben presto sugli scaffali e di cui vi parlerò più ampiamente quando potrò farci qualche partita in più. Di Rolling Ranch vi posso dire che ha una grafica minimale, curatissima e dei dadi personalizzati molto carini. La dimostrazione che un roll and write può essere molto accattivante per l’occhio (Cranio, sto guardando voi e Penk, che non meritava una non-grafica del genere, perché il giochino non è niente male!).
Di Iwari non vi posso mostrare le foto che ho scattato, si tratta di una rivisitazione di China di Michael Shacht (2005), con interessanti novità in termini di materiali, moduli aggiuntivi e modalità di gioco.
Pier è stato un valido avversario e la partita lo ha visto vincitore, i suoi 82 punti sono stati irraggiungibili (sono arrivato a 80, per la cronaca). Iwari arriverà su Kickstarter a marzo, vi posso dire sin d’ora che difficilmente me lo perderò.
Erano ormai quasi le 20 e la strada verso Marsciano (PG) è lunga, sicuramente non avrò salutato qualcuno (Stefania), sicuramente ho salutato altri due volte (come il team Pendragon accampato nella hall), e sicuramente sarebbe stato bello rimanere due giorni in un ambiente impregnato di creatività. Passano gli anni, si amplia il numero dei presenti, ma IDEAG rimane un momento di preziosa condivisione con persone che magari non hai mai visto in vita tua, ma che ti sembra di conoscere da anni.
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