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I problemi del volontariato ludico

Le Associazioni Ludiche affrontano attualmente nuove sfide, oltre ad essere colpite dalla diffusa “crisi del volontariato” che sembra affliggere sempre di più questo settore.

Come Presidente di un’Associazione Ludica focalizzata sul gioco di ruolo, mi trovo quotidianamente ad affrontare una situazione ambivalente. Da un lato, sono orientato ad accogliere chiunque e offrire a ogni individuo la possibilità di giocare, spesso mettendomi personalmente in gioco. Dall’altro lato, nutro il desiderio di impegnarmi in avventure e sessioni con giocatori esperti, capaci non solo di immergersi nel gioco, ma anche di creare interpretazioni interessanti che permettano di svagarsi veramente per qualche ora.

A ciò si aggiunge la difficoltà, all’interno dell’Associazione di cui faccio parte, di coinvolgere i soci nelle attività di diffusione del gioco che effettuiamo non soltanto per reclutare nuove persone, ma anche per diffondere l’uso e il concetto del gioco “intelligente”.
Infatti la tendenza generale di queste associazioni è quella di diventare una specie di “circolo chiuso” dove i soci già presenti “respingono”, seppur non volontariamente, le nuove reclute, rendendo l’associazione sempre più piccola e sconosciuta.

È comprensibile tale atteggiamento: l’uomo, con alcune eccezioni, tende a non voler modificare una situazione che considera già confortevole; nelle associazioni ludiche ciò si riflette nel non voler inconsciamente accogliere i nuovi giocatori, i quali hanno bisogno, spesso, di essere formati, istruiti, hanno gusti diversi e necessitano del loro tempo per capire quali sono le meccaniche dei vari giochi.

Tutto ciò porta i soci che invece vogliono lavorare per “protendere l’associazione verso l’esterno” ad avere troppe responsabilità, a essere in pochi e a rinunciare a buona parte del proprio tempo libero per sé stessi proprio per poter “sostenere” l’associazione di cui fanno parte.

A questi fattori endogeni di una associazione senza retribuzione si è aggiunta la “crisi” del volontariato, in quanto le associazioni di tutti i generi si trovano con sempre meno persone e con una media di età sempre più elevata; la Pandemia del Covid ha purtroppo aumentato questo fenomeno, in quanto tutti hanno dovuto vivere una situazione difficile dove non era possibile uscire e spesso per svolgere le proprie attività, che fosse seguire le lezioni o socializzare fosse necessario utilizzare uno schermo, portando a una diffusione di malattie mentali e di comportamenti molto preoccupanti (nonostante, ovviamente, le politiche condotte a contrasto del Covid sono state efficace e non si poteva, probabilmente, utilizzare altre soluzioni).

Tutto ciò avviene mentre il gioco da tavolo e il gioco di ruolo stanno diventando sempre più popolari anche in Italia, rendendo il panorama ludico italiano finalmente molto interessante e aperto a fiere, feste e incontri pubblici. Quale strada dovrebbero quindi intraprendere le associazioni per sostenere il settore e impedire che il monopolio dei soldi e del profitto influenzi anche il semplice atto di giocare, trasformandolo in un “costo” anziché un’attività divertente?