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Il collezionista di prime partite – Underwater Cities

Ci si ritrova per poter finalmente togliere dalla mensola della polvere questo gioco di cui tanto ho sentito parlar bene; del buon Suchy ho un’ottima opinione dopo quella sorpresa di Pulsar 2849 e per questo non vedo l’ora di mettermi al tavolo.

Underwater Cities è già intavolato e devo dire che il colpo d’occhio non è dei migliori, anche se sapevo già cosa aspettarmi.

Le carte sono sottilissime e devono essere per forza imbustate (non solo per non rovinarle alla quarta mischiata, ma anche per non tagliarsi le dita), le plance giocatore sono davvero fragili e la paura di romperle è alta, le cupolette sono scadenti. A livello grafico non andiamo meglio in quanto le illustrazioni sulle carte sono da minimo sindacale e poco ispirate e non vanno meglio le plance che sembrano più degli insiemi di cerchi che una rete di città.

Sapevo che la Delicious Games non puntava su grafica e design a favore delle meccaniche, ma devo dire che per quanto mi riguarda è un malus non da poco; per me l’occhio vuole la sua parte e qui verrebbe da giocare ad occhi chiusi.

Ecco i cerchietti

Detto questo si legge il regolamento e ci si prepara ad immergersi negli abissi.

La tematica, come nella maggior parte dei giochi di questo genere, è appiccicata ma dovremo costruire la migliore colonia sottomarina; per farlo dovremo fondare città, collegarle e costruire strutture di sostegno (serre per il cibo, desalinizzatori, laboratori).

Si tratta di un piazzamento lavoratori abbastanza semplice, ma al posto dei lavoratori si piazzano delle carte; se le carte hanno lo stesso colore dell’azione sulla plancia si attivano entrambe, altrimenti solo quella della plancia.

Le carte sono davvero tantissime per cui l’aspetto tattico ha la meglio su quello strategico, che è però comunque presente nel decidere che direzione dare alla nostra colonizzazione. In tre mi sembra anche abbastanza largo (anche se ovviamente quello che gioca prima di me sceglie sempre l’azione che vorrei fare io mannaggia) mentre in quattro deve essere decisamente stretto in quanto si fanno tre azioni a testa e quelle disponibili sono in tutto quindici (sedici in quattro giocatori).

Non riesco a non vedere l’ombra di Terraforming Mars mentre giochiamo, in questo caso con ancora meno interazione diretta. Non che questo sia un problema, adoro colonizzare Marte, ma scorgere un gioco in un altro mi fa una strana sensazione, come se ci fossero fratelli maggiori e minori. Questo non va minimamente ad inficiare la partita che resta divertente e con molte vie da percorrere, dando la sensazione di poter sempre fare qualcosa di utile.

Il gioco se avesse un organizer, ma tranquilli, non ce l’ha

Al tavolo siamo tutti pensatori seriali e la partita va per le lunghe, anche più di quanto potevamo aspettarci. Alla fine saranno quattro ore di gioco ed il downtime si è fatto decisamente sentire, ma devo dire che forse cominciare alle 22 non è stata la più brillante delle idee.

L’alea della pesca delle carte è impattante, più volte mi sono trovato a dover fare mosse subottimali mentre gli altri incastrano combo come stessero facendo un puzzle.

Capisco di avere poche possibilità di vincere quando vedo che al vicino di sedia piovono crediti e risorse come sulla Los Angeles di Blade Runner mentre io sono in costante penuria di danaro e alghe, ma cerco comunque di tenermi in linea di galleggiamento (forse non la scelta di parole ottimale per questo gioco…).

La partita finisce con il vincitore a 111 punti che è riuscito ad ottimizzare la produzione di alghe e crediti per potersi concentrare su altro, seguo io con un degno 105 e l’amaro in bocca perché so benissimo come avrei potuto fare quei sei punti in più (facile così eh…) mentre il terzo chiude a 79… strano considerando che è quello che è riuscito a piazzare tutte le città ma questo ci fa capire ancora di più che anche una strategia che sembrava vincente non lo è per forza e che le strade che si possono intraprendere sono davvero molte.

La voglia di fare un’altra partita c’è, anche se conoscendo i nostri ritmi probabilmente sarà tra cinque anni e sarà quindi un’altra prima.

Il gioco è piaciuto, ma non mi ha entusiasmato. Preferisco ancora Pulsar. Temo per Praga Caput Regni in quanto anche questo è su quel lurido scaffale ma qui le tempistiche sembrano ancora più dilatate. Ma devo dire che se prima Exodus aveva la mia curiosità, ora ha decisamente la mia attenzione.

Potete cercare questo gioco o altri dello stesso autore su MagicMerchant.it