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Dal diario di un viaggiatore anonimo: THE HUNGER

Una sfida crudele si nasconde dietro un “sorriso” cortese. Chiudetevi in casa! I vampiri sono a caccia!

“La notte è soltanto il giorno di qualcun altro.”


Carta d’identità


Primo impatto: grafica e componenti

L’occhio ottiene subito la sua parte di fronte al pregevole tabellone di The Hunger che raffigura una mappa ricca di particolari, senza andare a scapito dell’iconografia che risulta chiara ed immediata. (La mappa è la stessa su entrambi i lati, cambiano alcune indicazioni sul punteggio di fine partita in base al livello di difficoltà selezionato).

Una plancetta modulabile ospita il mercatino delle carte caccia, tutte diverse ed arricchite dai disegni dei poveri umani del villaggio (le prede) o dei famigli che i vampiri cercheranno di addestrare. Completano i materiali i segnalini in spesso cartone relativi alle missioni e ai tesori, le plancette personali dei giocatori (un po’ sottili ma idonee allo scopo) e alcuni token in legno (6 dei quali stampati con l’immagine dei personaggi che si contenderanno la partita).

La grafica e i disegni in stile cartoon sdrammatizzano l’atmosfera horror del gioco che ci vedrà nei panni di famelici vampiri in cerca di umani da dissanguare. Lo stile, unito alla tematica, ricorda vagamente il buon vecchio Creepy Falls, ma le similitudini tra i due giochi non vanno oltre l’aspetto estetico.


“Vampiro: creatura demoniaca, dotata di poteri soprannaturali e forza eccezionale, che torna a rivivere ogni notte e, uscendo dalla propria tomba, aggredisce persone vive per succhiarne il sangue dal collo.” 


L’utile e il dilettevole: meccanica e tema

In poche parole: un deckbuilding al contrario. Il mazzo di carte che abbiamo a inizio partita sarà molto più performante di quello che avremo alla fine e ci permetterà di muoverci rapidamente sulla mappa di gioco per soddisfare la nostra voglia di esplorazione e la nostra sete di sangue.

Le regole sono semplici: giochiamo tre carte a turno e risolviamo tutte le azioni possibili concesse dal luogo di arrivo e dalle carte stesse.
Possiamo sacrificare punti movimento per andare a caccia. Le prede ci forniranno molti punti vittoria, ma appesantiranno i nostri stomaci e i nostri mazzi fino a costringerci a saltare interi turni di gioco. Questo aspetto, oltre ad essere molto tematico, è il vero fulcro del gioco! Dopo 15 turni il sole sorgerà e, se non saremo tornati al castello o al cimitero vicino alle mura, bruceremo sotto i primi raggi del sole.

Tutti i punti accumulati saranno inutili e avremo perso automaticamente la partita.

Tornare a casa prima dell’alba è tutt’altro che scontato, avremo la continua sensazione di avere ancora tempo per perseguire i nostri obiettivi e visitare nuovi luoghi di interesse, ma sarà solo un’illusione. Il gioco ci pugnalerà alle spalle con una pesca sfortunata o con lo sgambetto di un altro vampiro che ci allontana di quel poco che basta dal nostro agognato castello.

La fortuna si sente, come in ogni gioco di carte, ma incolpare la dea bendata per la nostra eccessiva ingordigia non ci porterà alla vittoria. Cacciare un nuovo umano è sempre una scelta golosa, ma dovremmo saper bilanciare le nostre decisioni addestrando famigli che possano aiutarci nel momento del bisogno o imparando nuovi poteri che andranno ad aggiungersi a quelli iniziali. 

Anche la tipologia di umano da cacciare non è da sottovalutare. Le prede non si differenziano solo per la quantità di punti, hanno anche fazioni di appartenenza e caratteristiche più o meno dannose per noi vampiri, come un alto tasso alcolemico nel sangue o una carne eccessivamente speziata. 
(Segnalo la recente uscita in italiano di “The Hunger: High Stakes”, la prima espansione del gioco che vede l’entrata in scena di licantropi e cacciatori di vampiri, oltre ad eventi e nuove modalità di interazione diretta tra i giocatori.)


“Era così gentile e premuroso. Lo invitai ad entrare, come si fa con un amico d’infanzia che rivedi con piacere dopo tanto tempo.”


Conclusioni: luci e ombre

Un gioco di peso medio-leggero che si presenta al tavolo con un sorriso cortese (come farebbe un vampiro) per poi insegnare a caro prezzo quanto possa essere crudele e sfidante. Quando dopo un’ora e mezza di gioco vedi la tua pelle pallida e i tuoi punti bruciare alle prime luci dell’alba, ti viene la voglia di lanciare il tabellone per aria ma… sarà stata solo colpa tua! Magari un po’ di colpa l’avranno anche i tuoi avversari, ma l’interazione è minima e si sente solo in sporadiche occasioni. 

A proposito dei giocatori al tavolo… I sei vampiri disponibili sono tutti differenti e leggermente asimmetrici. Nonostante la scatola reciti “da 2 a 6 giocatori”, non mi sentirei di consigliarlo in più di 4 persone. La scalabilità è discreta ma il tempo tra un turno e l’altro rischia di diventare eccessivo per questo tipo di gioco.
In conclusione, il gioco è davvero molto tematico e si intavola volentieri. Come per i vampiri, la sfida vera è con se stessi più che con gli avversari. Dobbiamo conoscere il nostro mazzo, ponderare ogni decisione e non dimenticare mai il vecchio detto che ci ripeteva la nonna quando ancora eravamo viventi a sangue caldo: chi troppo vuole nulla stringe!